La frenata del commercio Un’emergenza trascurata
Se solleviamo gli occhi dalla Grecia, possiamo accorgerci che siamo entrati in una fase nuova dell’economia del mondo. Dopo più di un decennio trainato dal fenomeno Bric — cioè della portentosa crescita di alcuni Paesi emergenti, soprattutto Brasile, Russia, India, Cina — c’è un rallentamento dell’attività globale. E del commercio. Sembra però che la politica, in America ed Europa, non se ne sia accorta: le difficoltà che il Congresso degli Stati Uniti sta creando alla conclusione delle trattative commerciali transpacifiche (Tpp) e le divisioni interne al Parlamento europeo sui negoziati per la partnership transatlantica (Ttip) sono un segno difficilmente equivocabile della voglia di orto di casa degli occidentali.
L’Ufficio per l’analisi della politica economica olandese (Cpb) ha calcolato che nel primo trimestre dell’anno il commercio globale è diminuito dell’ 1,5% in termini di volume. Tantissimo, è la performance peggiore dal 1999. E preoccupante, dal momento che gli scambi internazionali sono stati il motore principale della crescita nei decenni passati e sono stati decisivi nell’emergere delle economie in via di sviluppo. Nel rapporto appena pubblicato sulle prospettive globali, la Banca mondiale non solo ha abbassato le previsioni sulla crescita di questi Paesi, dal 4,8 al 4,4% quest’anno. Ha anche notato che si è interrotta la crescita del contributo che danno all’economia del mondo. Nel periodo 2011-2014, avevano generato il 56,8% della crescita globale: rispetto agli Anni 80 del secolo scorso, quando davano un contributo del 23,9%, la loro importanza era sempre cresciuta fino a diventare il primo fattore di sviluppo. Nel periodo 2015-2017, però, ci sarà un’inversione di tendenza, dice la Banca mondiale: i Paesi in via di sviluppo genereranno il 53,3% della crescita globale; un calo di 3,5 punti rispetto ai 4 anni passati.
Il cambiamento di tendenza ha effetti congiunturali: la società di analisi Oxford Economics calcola che nel primo trimestre del 2015 la domanda proveniente nell’Eurozona dai suoi mercati di esportazione sia scesa dello 0,2%. Soprattutto, però, è l’effetto strutturale a dare da pensare: se il commercio cala, il mondo sarà un luogo più povero, peggiore e più pericoloso. In America ed Europa, i politici dovrebbero sapere che le navi cargo mezze vuote sugli oceani non sono meno preoccupanti della crisi greca.
@danilotaino