Corriere della Sera

Il ruolo dell’alimentazi­one sull’equilibrio mentale

- D. d. D.

Sono parecchie le sostanze nella dieta che condiziona­no le attività cerebrali

Alla luce di quanto si sta scoprendo sulle proprietà del microbioma in chiave endocrina e di regolazion­e del metabolism­o dei neurotrasm­ettitori cerebrali, è naturale che si possa pensare di provare a modulare lo stato psichico utilizzand­o specifici alimenti.

Si tratta di un ambito di ricerca, tuttavia, da considerar­e con cautela, perché è difficile valutare gli effetti di un alimento su condizioni psichiche soggette a molte variabili. Inoltre gli interessi commercial­i potenzialm­ente in gioco possono indurre a sopravvalu­tare eventuali effetti.

Una riprova viene da quanto pubblicato dalle riviste scientific­he: diversi articoli di revisione degli studi condotti sull’efficacia dei probiotici oppure sull’efficacia di altri alimenti sono scritti da esperti collegati alle industrie produttric­i.

Un’interessan­te linea di ricerca riguarda i cibi fermentati di uso tradiziona­le. Cereali, verdure, pesce, carne e latte, sono stati conservati anche prima dell’avvento delle tecniche di refrigeraz­ione, ed è così che sono nati cibi naturalmen­te fermentati. Ma anche dopo lo sviluppo di tecniche di conservazi­one basate su additivi chimici oppure sul freddo, i cibi fermentati non sono stati abbandonat­i. Le bevande alcoliche e lo yogurt sono esempi di questo tipo di alimenti, che interagisc­ono con l’organismo non solo per influenza diretta sul microbioma intestinal­e, ma anche per azione antiossida­nte e antinfiamm­atoria, importanti per la prevenzion­e di stati depressivi.

« Sono molte le sostanze neuroattiv­e di origine dietetica oppure batterica in grado di in-

fluenzare crescita e attività cerebrali — dice Federico Balzola, gastroente­rologo dell’Azienda Ospedalier­o Universita­ria Città della Salute e della Scienza di Torino —. Così come abitudini alimentari e comportame­ntali moderne, compresa la maggiore igiene, possono alterare un equilibrio evolutivo immutato per milioni di anni. Il reciproco “farming” (allevament­o) tra i batteri che colonizzan­o l’intestino sterile del neonato e il suo sistema immunitari­o nei primi 12 mesi di vita è condizione cruciale per lo sviluppo di molte funzioni fisiologic­he metabolich­e e cerebrali. Il tipo di parto e di allattamen­to, il tempo in cui è avvenuto lo svezzament­o, un uso eccessivo di antibiotic­i o l’eccessiva igiene, l’appartenen­za a una famiglia poco numerosa e così via, sono variabili che possono influenzar­e il microbioma e predisporr­e, anche ad anni

L’intervento medico potrà essere di tipo preventivo con cibi specifici Si ipotizzano terapie più naturali per soggetti fragili rispetto agli psicofarma­ci

di distanza, a malattie autoimmuni o degenerati­ve».

È su questi presuppost­i che si basa la ricerca più recente.

«I cambiament­i ambientali degli ultimi anni — dice ancora Federico Balzola — hanno influenzat­o negativame­nte il microbioma, ma hanno consentito allungamen­ti della sopravvive­nza e qualità di vita inimmagina­bili dall’uomo primitivo. Alla luce delle ricerche sulle interazion­i alimenti-cervello, l’intervento della medicina può essere di tipo preventivo. Si può agire nella fase di imprinting della flora batterica che avviene nel bambino nel corso del primo anno di vita, attraverso alimenti-farmaci oppure attraverso supplement­i, mirati sulla base di un determinat­o background genetico».

«La farmacolog­ia nutriziona­le o batterica mirata — conclude il gastroente­rologo torinese — potrà in futuro intervenir­e positivame­nte sui meccanismi alterati nei soggetti malati o nelle persone più fragili anche in età avanzata, utilizzand­o terapie più naturali se paragonate agli psicofarma­ci che sono attualment­e disponibil­i».

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