Fuga dal Servizio sanitario o rinuncia alla cure?
La sanità pubblica si sta arrendendo, gli italiani sono in fuga? È questa, in sostanza, la sintesi di molti commenti ai dati dell’annuale rapporto CensisRbm Salute pubblicati la scorsa settimana: 1 miliardo in più in un anno di spesa privata, arrivata a 33 miliardi; 9 milioni di italiani che hanno pagato di tasca propria visite specialistiche; 5,4 che hanno “comprato” esami specialistici (si vedano i dati in dettaglio su Salute.it). Il combinato di aumento progressivo dei ticket senza ridurre i tempi di attesa e aumento dell’offerta privata (con riduzione dei costi) con tempi d’attesa brevissimi sta di fatto scardinando il sistema sanitario nazionale. C’è chi dice che sia un bene, che sia giusto riequilibrare la sanità italiana verso un moderno sistema integrato pubblico-privato. E c’è chi dice che gli italiani non si fidano della sanità pubblica perché c’è troppa corruzione. A parte il fatto che i maggiori casi di illegalità riguardano proprio la libera professione e gli accreditamenti di strutture private (indagine Fiaso sulla trasparenza di Asl e ospedali), la causa principale della “fuga” dei cittadini non è una valutazione morale e nemmeno qualitativa, ma semplicemente viene indicata nelle code troppo lunghe. Ed è quindi su queste che si deve intervenire. E c’è un dato nello stesso rapporto Censis che forse non è stato abbastanza commentato: 4,5 milioni di italiani hanno dovuto nell’ultimo anno rinunciare ad almeno a una prestazione. Tutte visite ed esami inutili? È questa la via italiana alla riduzione degli sprechi? E quanto costeranno in futuro le diagnosi mancate o sbagliate per queste “rinunce”? È questo che deve preoccupare, è su questo che un sistema sanitario sociale non può e non deve arrendersi.