Il Campidoglio ignorò l’allarme degli ispettori
In quasi mille pagine l’analisi della commissione prefettizia L’accusa: così il Campidoglio ignorò l’allarme sugli appalti del ministero dell’Economia
Quasi un anno prima dell’arresto di Salvatore Buzzi e dei presunti complici, il ministero dell’Economia lanciò al Comune di Roma l’allarme su appalti assegnati con procedure anomale. Il Campidoglio, spiega una relazione di mille pagine, ignorò l’allerta.
Nel gennaio 2014, quasi un anno prima dell’arresto di Salvatore Buzzi e i suoi presunti complici, gli ispettori del Mef — Ministero dell’Economia e delle Finanze — avevano scritto parole chiare e allarmanti sugli appalti assegnati alla Eriches 29, una delle cooperative del manager considerato l’anima imprenditoriale di Mafia Capitale. Per esempio queste: «Va rilevato come l’affidamento sia avvenuto in via diretta, in assenza di qualsivoglia procedura concorrenziale, sebbene l’importo del servizio sia largamente superiore al limite previsto dalla legge»; ed erano «espressamente vietate» proroghe e «rinnovi taciti dei contratti» che invece andavano avanti da tempo. Appalti ancor più consistenti aveva ottenuto la cooperativa Domus Caritatis, del gruppo La Cascina, che la seconda operazione della Procura di Roma ha svelato essere in combutta con Buzzi: «Anche in questo caso sono estensibili le medesime censure relative alle modalità di affidamento del servizio ed al ricorso sistematico all’istituto della proroga contrattuale».
Buzzi aveva subito attivato le contromisure, tentando di far desistere gli altri concorrenti: «Noi abbiamo parlato... se vanno deserte, cioè con un’unica sola risposta, è come se fosse stata fatta la gara, e il Mef te lo levi dai coglioni», spiegava al suo collega de La Cascina. Il Comune di Roma, invece, non si mosse con altrettanta solerzia per risolvere la questione.
L’autodifesa di Marino
È ciò che ha contestato al sindaco Ignazio Marino la commissione prefettizia incaricata di verificare la possibilità dello scioglimento per mafia, durante l’audizione avvenuta nelle scorse settimane. Il primo cittadino s’è difeso sostenendo che quando è arrivato ha trovato una situazione in cui non c’era nemmeno il Bilancio, e dunque le proroghe dei vecchi contratti erano una strada pressoché obbligata. In ogni caso, a suo vantaggio Marino ha potuto rivendicare il fatto di essere stato lui a chiedere e ottenere, dopo ripetute insistenze, la verifica del ministero retto all’epoca da Fabrizio Saccomanni.
Giustificazioni a parte, è molto probabile che le mancate conseguenze dell’allarme lanciato dagli ispettori del Mef costituisca uno dei punti salienti delle quasi mille pagine di relazione che la commissione — composta dal prefetto Marilisa Magno, dal viceprefetto Enza Caporale e dal dirigente del Mef Massimiliano Bardani — consegnerà tra oggi e domani al prefetto di Roma Franco Gabrielli. Che quando è arrivato, due mesi fa, ha trovato il gruppo già al lavoro, insediato a dicembre 2014 dal suo predecessore Giuseppe Pecoraro. Il quale nei giorni scorsi s’è lasciato andare a pubbliche dichiarazioni che hanno suscitato qualche sconcerto: «Gli estremi per lo scioglimento del Comune di Roma per mafia c’erano a dicembre e ci sono ancora». Parole che possono insinuare il dubbio di una commissione appositamente costituita per raggiungere questo obiettivo, sollevando perplessità sull’operato dell’ex prefetto.
Prima e dopo il 2013
A Gabrielli i commissari presenteranno un quadro che già appariva compromesso prima della seconda ondata di arresti, e ora sembra essersi ulteriormente complicato. Lasciando però aperti spazi di valutazione a favore o contro le due opzioni (scioglimento oppure no) che andranno riempiti prima da Gabrielli e poi dal ministro dell’Interno. Tutto ruota intorno al condizionamento che la presunta associazione mafiosa (confermata come tale dalla corte di Cassazione, che ha appena depositato motivazioni piuttosto solide a sostegno della tesi dell’accusa) ha esercitato e potrebbe continuare a esercitare sull’amministrazione comunale. Sia con la giunta di centro-destra guidata da Alemanno (2008-2013), che con l’attuale di centro-sinistra capeggiata da Marino, come dimostrerebbero le carte della magistratura.
Basti pensare a quel che hanno scritto gli inquirenti a proposito dell’approvazione dei debiti fuori bilancio, uno degli strumenti utilizzati da Buzzi per assicurarsi appalti da milioni di euro: «Così come nel 2012 venivano attivati tutti i canali di collegamento con le istituzioni, da Lucarelli (capo della segreteria di Alemanno, ndr) a Gramazio (ex consigliere comunale del Pdl, ndr) che vota la relativa delibera in consiglio comunale, similmente nel 2014 vengono attivati tutti i canali possibili nelle istituzioni, da Coratti (ex presidente pd del consiglio comunale, ndr), a Tredicine, Giansanti, Ferrari, D’Ausilio, Caprari», consiglieri (soprattutto del centro-sinistra) che Buzzi dichiarava di avere a disposizione. Dietro il pagamento di tangenti, sospettano i magistrati; e di questo non potrà non dare conto la relazione dei commissari prefettizi.
Tuttavia si può sostenere — come ha lasciato intendere il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone — che tra la vecchia e la nuova amministrazione ci siano significative differenze. A cominciare dal coinvolgimento degli esponenti politici nell’impostazione dell’accusa: prima c’erano
Gli ispettori Mef L’affidamento è avvenuto in via diretta, in assenza di procedura concorrenziale, sebbene l’importo del servizio sia largamente superiore ai limiti previsti dalla legge