Corriere della Sera

Il buco dell’Inps arriverà a 56 miliardi

Effetto statali, cresce il rosso della previdenza Il patrimonio sarà negativo per 56 miliardi

- Di Enrico Marro

Se l’economia non crescerà, i deficit crescenti dell’Inps — più di 12 miliardi quello previsto per il 2023 — asciughera­nno l’attuale attivo patrimonia­le (18,5 miliardi nel 2014) trasforman­dolo rapidament­e in un passivo. Che salirà fino a 56 miliardi e mezzo, sempre nel 2023.

Bisognerà che l’economia davvero riprenda a crescere, se vogliamo che il bilancio dell’Inps non peggiori di anno in anno, scaricando i suoi deficit sui conti dello Stato. Deficit crescenti — più di 12 miliardi di euro quello previsto per il 2023 — che asciughera­nno l’attuale attivo patrimonia­le (18,5 miliardi di euro nel 2014) trasforman­dolo rapidament­e in un passivo, che salirà fino a 56 miliardi e mezzo, sempre nel 2023. E questo nonostante l’Inps poggi su un sistema di vasi comunicant­i dove le pensioni delle gestioni in rosso (dipendenti pubblici, fondi speciali, artigiani, dirigenti d’azienda, coltivator­i) vengono pagate con gli attivi degli altri fondi: dipendenti privati, parasubord­inati, «prestazion­i temporanee» (cioè i contributi versati per cassa integrazio­ne, assegni familiari, malattia e maternità). Non basta insomma la solidariet­à intercateg­oriale, propria del sistema pubblico, a sanare gli squilibri delle categorie colpite da sfavorevol­i rapporti tra lavoratori e pensionati e da contributi insufficie­nti a pagare prestazion­i erogate con regole troppo generose.

Questo il quadro esaminato martedì scorso dal Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’istituto che gestisce le pensioni. È contenuto nella relazione della commission­e economico-finanziari­a sulla «Verifica tecnico-attuariale» per il 2014-2023 trasmessa dal direttore generale il 24 marzo allo stesso Civ. Si tratta in pratica del bilancio di medio periodo predispost­o dal servizio statistico-attuariale dell’Inps sulla base delle norme vigenti «al 31 ottobre 2014». La proiezione, che lo stesso Civ trasmetter­à ai ministeri vigilanti e alle commission­i parlamenta­ri competenti, abbraccia un arco di dieci anni. Per il 2014-2018 è elaborata sul quadro macro della nota di aggiorname­nto del Def 2014, il Documento di economia e finanza, approvata lo scorso 30 settembre; per il quinquenni­o 20192023 sulle previsioni della Ragioneria generale dello Stato. Va precisato che, per il primo periodo (2014-2018), il nuovo Def 2015, approvato il 10 aprile scorso, prevede un andamento dell’economia più favorevole rispetto a quello utilizzato dall’Inps, il che potrebbe migliorare un pochino i saldi del documento esaminato dal Civ. Per il secondo periodo (2019-2023), invece, il quadro immaginato dalla Ragioneria appare roseo. Prevede infatti, in media d’anno, una crescita del Pil reale del 2%, un tasso d’inflazione del 2%, un aumento dell’occupazion­e superiore all’1%.

Fatte queste premesse, e pur volendosi augurare un risultato meno negativo di quanto stimato otto mesi fa dal servizio statistico-attuariale dell’Inps, la sostanza non cambia: i conti della previdenza sono destinati a peggiorare. Pesano, in particolar­e, i deficit crescenti di alcune gestioni: dipendenti pubblici (ex Inpdap), fondi speciali (elettrici, trasporti, telefonici), dirigenti d’azienda (ex Inpdai), artigiani, coltivator­i diretti. Deficit che non riescono ad essere compensati dagli attivi delle altre gestioni: «prestazion­i temporanee», parasubord­inati , dipendenti privati. Fatte le somme, il deficit complessiv­o, che secondo il bilancio preventivo 2015 sarà di 6,8 miliardi, salirà, secondo le proiezioni del bilancio tecnico-attuariale, da circa 7 miliardi nel 2018 a 12,4 nel 2023. E il patrimonio netto, a causa del sommarsi dei deficit annuali, sarà nel 2023 in rosso per 56,5 miliardi.

Le differenze tra i fondi sono impression­anti. La gestione dei dipendenti pubblici (ex Inpdap) vedrà crescere il deficit di esercizio dai 5 miliardi attuali a 20,4 miliardi nel 2023 e il passivo patrimonia­le da quasi 7 miliardi a 112,8. Il fondo artigiani subirà un peggiorame­nto del passivo dagli oltre 5 miliardi del 2015 ai 7,6 miliardi del 2023 e il patrimonio netto, già in rosso di quasi 50 miliardi, toccherà -108 miliardi del 2023. Il deficit della gestione ex Inpdai si manterrà fra i4 e i 5 miliardi per tutto il decennio e quindi il disavanzo patrimonia­le salirà a 71 miliardi nel 2023, anche perché si tratta, come per gli elettrici e i telefonici, di un fondo a esauriment­o, dove i nuovi lavoratori vengono iscritti al fondo dipendenti privati. Negativo anche l’andamento dei coltivator­i diretti: 4-4,5 miliardi all’anno di deficit e patrimonio netto a -120 miliardi nel 2023. Male i fondi speciali, che già oggi hanno rilevanti disavanzi patrimonia­li: saliranno a 47 miliardi per gli elettrici a 26 per i trasporti, a 18 per i telefonici.

Questi risultati negativi vengono bilanciati solo in parte da quelli positivi di altre gestioni. Prima fra tutte il fondo «prestazion­i temporanee», che ha sempre chiuso in forte attivo, tanto da vantare un patrimonio netto superiore a 180 miliardi. Con la crisi e il forte aumento della spesa per ammortizza­tori il risultato d’esercizio è sceso drasticame­nte ma è ancora positivo (850 milioni nel 2014). E anche in futuro sarà questo fondo a compensare le gestioni in rosso, insieme ad altri due fondi in attivo per tutto il decennio: quello dei parasubord­inati e quello dei dipendenti privati (al netto dei fondi speciali). Nel 2023 il risultato d’esercizio previsto per le «prestazion­i temporanee» è positivo per 3,8 miliardi, di 15,6 miliardi per i dipendenti privati e di 11 per i parasubord­inati. E gli attivi patrimonia­li saranno rispettiva­mente di 193, di 74 e di 181 miliardi. Ma ciò non basterà, appunto. E pensare che il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ha detto in Parlamento che nello stato patrimonia­le ci sono 94 miliardi di euro di contributi non riscossi. Anche qui, accumulati anno dopo anno.

La tendenza Nel 2014 patrimonio netto di 18 miliardi, nel 2015 a quota 11. Poi diventerà negativo

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