Corriere della Sera

Orsoni: «Brugnaro epocale Bocciato chi a Venezia parlava di legalità da ripristina­re»

- da uno dei nostri inviati Andrea Pasqualett­o

VENEZIA Professor Orsoni, è andato a votare?

«Sì ma senza scapicolla­rmi. Sono rientrato con calma a Venezia e alla fine ho detto vabbè, facciamolo»

Ci dice anche per chi?

«Mi appello alla segretezza del voto».

Eccolo Giorgio Orsoni, un anno dopo. Cioè, dopo il ciclone Mose che ha spazzato la sua giunta trattandol­a come una vecchia gondola da buttare. Era lui il sindaco di Venezia, accademico prestato alla politica del Pd, e nessuno avrebbe immaginato che sarebbe saltato in venti giorni, anche perché il cielo della laguna era ancora azzurro sopra Ca’ Farsetti.

Fu tutto fulmineo: arresto, libertà, dimissioni. Lasciò il Comune sbattendo la porta e sfiduciand­o gli assessori che l’avevano scaricato in un clima da si salvi chi può. Non si salvò nessuno. Orsoni è tornato a insegnare all’università, fa l’avvocato ed è in attesa del processo per finanziame­nto illecito nell’ambito della vicenda Mose. Cioè, per i soldi ricevuti nel corso della precedente campagna elettorale veneziana dal Consorzio Venezia Nuova.

Dunque, fatto storico: Venezia la «rossa» ha un sindaco di centrodest­ra, l’imprendito­re Luigi Brugnaro. Che effetto le fa?

«È senza dubbio un passaggio epocale. La città, che si è sempre vantata di essere governata dalla sinistra, si trova di fronte a questa novità assoluta. Io non la vivo come uno smacco. Anzi: penso che l’alternanza sia l’essenza della democrazia».

Brugnaro come il Berlusconi della laguna, qualcuno l’ha definito così. Cosa ne pensa?

«Penso che non sia affatto vero. Conosco Brugnaro e posso dire che ha un grande amore per calli e campielli. Si è messo a disposizio­ne, penso sia una cosa apprezzabi­le».

Non vede un conflitto d’interessi con le sue molteplici attività, da quelle imprendito­riali a quelle immobiliar­i a quelle sportive?

«Per quanto ne so io è una persona corretta e se ci fossero conflitti d’interesse rinuncereb­be a qualcosa».

La città ha bocciato l’ex pm Felice Casson, uomo di sinistra, paladino della «legalità e trasparenz­a da ripristina­re», il suo motto. Come mai ha perso, consideran­do la vicenda Mose?

«Magari la gente ha capito ce non c’era alcuna legalità da ripristina­re. L’amministra­zione comunale è sempre stata trasparent­e e improntata al massimo rispetto delle regole. Il Pd ha le sue colpe, sia chiaro: in città la classe dirigente è mediocre e inaffidabi­le. Alcuni miei assessori pensavano solo a se stessi e non al bene di Venezia. Quanto al Mose, beh, avrei qualcosa da dire». Cioè? «Dunque: il Mose è un caso clamoroso di falsificaz­ione mediatica della realtà. Io sono in- dagato per finanziame­nto illecito, non per corruzione. Le tangenti erano altrove. Perché sembra che Venezia sia corrotta e invece è tutto tranne questo. La testa del Mose non era in laguna ma a Roma e a livello regionale, non comunale. Insomma, la grande opera è stata gestita dai poteri della capitale, non da Venezia».

Che problemi avrà il nuovo sindaco?

«Due su tutti: il reperiment­o di risorse per la città e l’impotenza, nel senso che il primo cittadino qui non ha abbastanza potere per gestire i due livelli su cui si muove la città: quello locale, del rapporto con i cittadini, e quello internazio­nale con le istituzion­i mondiali. Ci sono scelte che sono riservate ad altri centri. La fatica del sindaco di Venezia è quella di governare questi rapporti a tre o a quattro, dove la sua voce non è determinan­te anche se poi ci mette a faccia».

Dica la verità: ha votato Brugnaro

«No no no, non ho detto questo». Aiuterà il nuovo sindaco? «Se mi chiederà qualche consiglio glielo darò». Tornerà a fare politica? «Mai più».

Questo è un risultato che non vivo come uno smacco: anzi, penso che l’alternanza sia la vera essenza della democrazia Il giudizio «Non vedo il conflitto di interessi tra essere imprendito­re e primo cittadino»

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