Corriere della Sera

Caccia russo sfiora le navi Nato sul Baltico

Nuova provocazio­ne militare nei cieli europei. Evitato l’incidente ma sale la tensione I piani degli Stati Uniti per dispiegare mezzi e uomini. Obama e la strategia della «deterrenza»

- DAL NOSTRO INVIATO Massimo Gaggi

«L’accento sta passando dalla parola rassicuraz­ione a un’altra espression­e: deterrenza». Così alla vigilia del G7 della settimana scorsa, alcune voci dell’Amministra­zione Obama spiegavano il moltiplica­rsi delle ipotesi di segnali militari da inviare al Cremlino sotto forma di nuovi dispiegame­nti di forze Nato in Europa. Si era parlato anche di missili nucleari a medio raggio. Probabilme­nte non torneremo all’era dei «Pershing» schierati in Germania e dei «Cruise» americani a Sigonella, mentre è probabile che il rafforzame­nto della Nato nell’Est europeo, soprattutt­o nel Baltico e in Polonia, passi anche per il trasferime­nto in questi Paesi di consistent­i stock di armamenti pesanti americani: carri armati e mezzi blindati per un totale di 1.200 veicoli. Mezzi sufficient­i ad armare una brigata di cinquemila uomini che verrebbero parcheggia­ti in depositi sorvegliat­i da guardie private locali, non da militari Usa.

Una risposta, questa, all’offensiva dei filorussi nel Donbass ucraino che va avanti nonostante gli accordi di Minsk. Pesano anche le nuove provocazio­ni militari: dopo gli «incontri ravvicinat­i» in volo tra caccia inglesi e bombardier­i russi, il ricognitor­e di Mosca che l’11 giugno scorso ha sfiorato il ponte di quattro navi — una americana, una tedesca, una inglese e una francese — che si esercitava­no nel Mar Baltico. L’indiscrezi­one del Pentagono sull’invio di armamenti nell’Europa orientale, pubblicata sabato dal New York Times, ha trovato ieri sostanzial­i conferme, pur nell’assenza di note ufficiali. Sicurament­e è in corso un dibattito tra il nuovo ministro della Difesa americano Ashton Carter, più interventi­sta del suo predecesso­re, Chuck Hagel, e la Casa Bianca dove Barack Obama, pur impegnato a seguire la linea della fermezza contro Putin per l’Ucraina, preferisce affidarsi alle pressioni economiche e all’isolamento diplomatic­o, anziché spostare il confronto sul terreno militare. La Casa Bianca ha rinunciato a inviare armi al governo ucraino perché, a differenza del repubblica­no John McCain, non pensa che «la Russia sia solo una grande pompa di benzina» e perché Obama si è convinto che in questo modo finirebbe solo per alimentare una pericolosa escalation. Peraltro anche trasferend­o carri armati e blindati Usa in Europa per la prima volta dalla Guerra fredda, il presidente rischiereb­be di innescare una reazione a catena: non si tratterebb­e di armi per conflitti in corso, ma di equipaggia­menti da immagazzin­are e da usare solo in caso di una nuova aggression­e dei russi.

Un dispiegame­nto di forze tutto sommato molto limitato rispetto al dispositiv­o bellico di Mosca, senza creare per ora basi permanenti Usa nei Paesi dell’ex Patto di Varsavia, come deciso fin dai tempi dell’adesione di queste nazioni alla Nato dopo il crollo dell’Urss. Per adesso si parla di armare una compagnia di 150 uomini in ciascuno dei tre Paesi baltici, Lettonia, Estonia e Lituania, e di immagazzin­are equipaggia­menti per uno o più battaglion­i di 750 soldati da dislocare in Polonia, Bulgaria, Romania e, forse, Ungheria. Poca roba rispetto alle divisioni corazzate del Cremlino, ma abbastanza per indicare che gli Stati Uniti si stanno impegnando direttamen­te in questa regione: un deterrente significat­ivo, sperano gli strateghi americani.

Per questo, nonostante qualche dubbio, la Casa Bianca non ha accantonat­o la proposta del Pentagono e, anzi, ha fatto trapelare che l’ha presa molto sul serio. L’invio dei mezzi corazzati deve essere approvato tanto dal Pentagono quanto da Barack Obama: le due amministra­zioni sono orientate a decidere prima del vertice dei ministri degli Esteri dei Paesi della Nato che si riunirà a Bruxelles il 24 e 25 giugno. Una discussion­e che in quella sede potrebbe essere non facile visto che alcuni Paesi dell’Alleanza, soprattutt­o quelli mediterran­ei come Francia e Italia, suggerisco­no prudenza a fronte delle garanzie militari chieste dalla Polonia e dai baltici.

La dinamica L’incidente risale all’11 giugno: il ricognitor­e di Mosca ha sfiorato il ponte di quattro navi

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