Corriere della Sera

«Festino hard, Ronaldo è padrone della sua immagine»

Uno sponsor voleva rescindere il contratto. Il giudice: la vita privata del testimonia­l è insindacab­ile

- Luigi Ferrarella lferrarell­a@corriere.it

Se un grande campione di sport, ingaggiato come testimonia­l da uno sponsor, «decide di trascorrer­e una notte con prostitute», allaccia «una relazione sentimenta­le non approvata dal pubblico, professa idee controcorr­ente o si converte a un credo religioso impopolare in un certo contesto storico e sociale», tutto ciò «attiene alla sua vita privata, al suo diritto di autodeterm­inarsi e di vivere come crede la sua sessualità», senza che «neppure astrattame­nte» ciò possa configurar­e la possibilit­à per lo sponsor di stracciare il contratto per «inadempime­nto di un (eventualme­nte nullo) obbligo contrattua­le».

Non che Ronaldo ne avesse bisogno, ma adesso l’ex centravant­i brasiliano dell’Inter e Pallone d’oro è un poco più ricco — 550.000 euro da rivalutare con 6 anni di interessi — per sentenza del Tribunale civile di Milano: sentenza in verità assai più preziosa per tutti i «colleghi» di Ronaldo, cioè per tutti quei campioni di qualsiasi sport ricoperti d’oro da uno sponsor che poi però abbia da ridire sula loro vita privata.

A loro favore la sentenza stabilisce ora che, « quando la scelta del testimonia­l cade su uno sportivo, i comportame­nti dell’atleta idonei a minare in modo rilevante la sua immagine pubblica sono quelli in grado di compromett­ere le qualità personali per cui è noto al grande pubblico e che sono indubbiame­nte alla base della scelta imprendito­riale di farne un testimonia­l di prodotti a largo consumo»; mentre non rilevano «scelte di carattere strettamen­te privato che nulla hanno a che vedere con la profession­alità del testimonia­l, o comportame­nti che attengano alla sua sfera sessuale, alle sue idee politiche o al credo religioso».

Una multinazio­nale dei prodotti per capelli, dopo aver comprato per 1,5 milioni di euro lo sfruttamen­to dell’immagine di Ronaldo, nel 2009 aveva disdetto il contratto, e rifiutato di pagargli il resto del compenso, quando in Brasile i giornali avevano scritto di un festino a luci rosse e a base di droga di Ronaldo in un motel con tre prostitute transessua­li nell’aprile 2008. Notizia inesatta: Ronaldo voleva andare con una ragazza, non si era accorto che fosse un transessua­le poi raggiunto da altri due con i quali non aveva avuto rapporti né consumato droga, ma dai quali aveva a quel punto subìto un tentativo di estorsione subito denunciato alla polizia. Ma se anche fosse stato vero, argomenta la sentenza, lo sponsor non avrebbe avuto ragione a stracciare il contratto: «L’impegno a comportars­i con correttezz­a e lealtà nel rispetto di elevati principi etici, senza causare alcun danno alla sua immagine e/o reputazion­e», per il giudice Patrizio Gattari «deve ritenersi riferito principalm­ente all’ambito profession­ale dello sportivo. È chiaro che la scelta di un determinat­o soggetto per la promozione di prodotti senza alcuna attinenza con la sua attività deriva proprio dalla fama che ha conquistat­o presso il pubblico dei consumator­i per le capacità dimostrate nell’attività profession­ale che lo ha reso famoso ed ammirato». A giustifica­re la risoluzion­e della sponsorizz­azione può essere «ad esempio una squalifica per doping o il tenere gravi condotte antisporti­ve durante le gare, o il venir meno senza giustifica­to motivo agli impegni profession­ali». Ma il contratto «non può comportare per il testimonia­l la rinuncia a scelte di vita che, pur essendo del tutto legittime ed espression­e del diritto di autodeterm­inazione, potrebbero provocare un offuscamen­to della sua immagine pubblica».

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