Riondino affronta il mito. «Il palcoscenico resta nel mio Dna»
Ilsogno di fare l’attore, dice, lo ha sempre avuto nel cuore. Un sogno che «Il Giovane Montalbano » , cui Michele Riondino presta il volto bello e intenso di uomo del sud, ha pienamente realizzato. E se a dargli la popolarità è stata la televisione, con «Distretto di polizia» prima e col commissario di Vigata poi, Riondino in verità nasce sul palco e sul palco si appresta a tornare.
Il 23 e 24 giugno sarà protagonista al Napoli Teatro Festival di Euridice e Orfeo, spettacolo tratto dall’omonimo romanzo Bompiani di Valeria Parrella (di cui il 12 luglio La Milanesiana ospiterà una lettura teatralizzata); al suo fianco un’Euridice rossa, l’attrice premio Ubu Federica Fracassi, mentre la regia è affidata a Davide Iodice.
Dopo «Pietro Mennea - La freccia del sud», la fiction tv dedicata al grande campione dell’atletica leggera, Riondino aveva promesso che sarebbe tornato al teatro. Che, dice, «è il mio grande amore: fa parte del mio Dna. È una palestra in cui si genera un’incredibile energia, dove ci si può anche far male. Più del risultato conta la preparazione, perché è in sala prove che l’attore misura le proprie capacità. Recitare davanti al pubblico è solo l’atto finale». Per la prima volta alle prese col mito, descrive l’Orfeo che porterà in scena «un cantore della perdita, dell’assenza. Il lutto è la forma attraverso cui il tormentato amore tra i due personaggi mitologici viene narrato: il vuoto lasciato da Euridice esalta un sentimento spezzato in modo irreparabile. Come irreparabile è la perdita causata dalla morte».
Figlio di un ex operaio delle acciaierie dell’Ilva di Taranto, città dove è nato e da cui è scappato per studiare recitazione all’Accademia d’Arte Drammatica di Roma, Riondino da tempo è in prima linea per denunciare i danni causati alla sua Con Euridice Federica Fracassi (43 anni) e Michele Riondino (36) sono «Euridice e Orfeo» nello spettacolo diretto da Davide Iodice tratto dal testo di Valeria Parrella città dall’inquinamento. Da tre anni organizza il concerto del 1° maggio a Taranto, che nel giorno della Festa dei lavoratori «sfida» il concertone romano. «L’Ilva doveva produrre benessere e non solo acciaio. Ma a Taranto si è creato soprattutto disagio, alimentato dalla paura del “ricatto occupazionale». A proposito di paure: quali sono le sue? « Mi spaventa l’ignoranza. Mi fa paura perché lascia senza strumenti per difendersi da chi si improvvisa, da chi cerca le scorciatoie, i soldi facili...». Cosa la guida nella scelta dei progetti ai quali poi decide di lavorare? «Mi interessa raccontare storie necessarie. A oggi penso di aver fatto delle scelte coerenti con questa mia volontà».
Ha da poco finito le riprese di sei nuovi episodi di «Il giovane Montalbano». Anticipazioni? «Mostrerò aspetti inediti della vita sentimentale e professionale del personaggio che — ride — spiazzeranno un po’ il pubblico che lo conosce bene». C’è qualcosa in cui vi somigliate? «Forse nell’amore per il nostro lavoro, anche se — sottolinea — fare l’attore non è un lavoro. Certo è un mestiere, ma da privilegiati».