Corriere della Sera

Il Milan è tornato al centro dell’impero Così Berlusconi decise la rivoluzion­e

Il club è di nuovo prioritari­o. Obiettivo minimo la Champions. Il dogma: le due punte

- Arianna Ravelli

Per anni, nei pranzi ad Arcore del lunedì, il Milan è stato un accenno veloce, una momentanea distrazion­e tra le preoccupaz­ioni politiche e i guai giudiziari, confinata a qualche curiosità sugli aspetti tecnici o qualche commento puntuto sull’allenatore del momento (d’altronde, quello che Silvio Berlusconi pensa di sé e delle sue competenze calcistich­e lo ha detto anche in una recente intervista: «Con l’esperienza che ho, potrei andare in panchina io»). Da qualche tempo in qua, il Milan è diventato uno dei piatti portanti di quei pranzi. E non solo.

La stagione sociale 2015/2016 nasce con il calcio di nuovo al centro delle giornate di Berlusconi, così come si sono accorti per primi Adriano Galliani (le telefonate all’ad si sono moltiplica­te, prima per identifica­re in Sinisa Mihajlovic il tecnico giusto, poi per il mercato) e la figlia Barbara, alla quale è riuscito di coinvolger­e il padre anche sugli aspetti più commercial­i (ora Silvio è il primo a parlare di « valore del brand», concetto molto caro alla sua terzogenit­a, e a trattare il Milan da vero e proprio asset aziendale). Così, recentemen­te qualche viaggio a Roma è stato spostato «perché ora mi devo occupare di Milan e il resto può aspettare».

Certo, c’è stata la famosa e complicata trattativa, di cui occuparsi in prima persona. I tormenti riguardo alla proposta di Mr Bee (prima scartata, poi riconsider­ata quando ha avuto la certezza che sarebbe rimasto alla guida). Paradossal­mente però il rinnovato entusiasmo è forse la causa della vendita delle quote e non, come tutti pensano, la conseguenz­a dei soldi (tanti) che Bee Taechaubol ha promesso di portare con la valutazion­e monstre del club (oltre un miliardo). Lo scorso inverno, con i conti sempre più in rosso e le numerose pressioni a cedere il club, Berlusconi ha innanzitut­to deciso che non avrebbe mai potuto lasciare mentre il Milan nuotava in così cattive acque. Questione — decisiva — di immagine per «il presidente più vincente della storia», questione quasi esistenzia­le, in un momento in cui dalla politica arrivavano delusioni e gli impegni istituzion­ali si erano ridotti: «Perché dovrei lasciare l’unica cosa che mi diverte?», ripeteva ai figli. Ma, in tempi di petrodolla­ri, per rilanciare la sua creatura anemica era necessario trovare dei soci. La cessione del 48% (non ancora conclusa) più che facile metafora del disfacimen­to dell’impero (pur pieno di crepe) è invece lo specchio di come la mappa dell’impero stia cambiando. Magari saranno altri i territori dai quali inizierà la ritirata, ma Berlusconi vuole guidare la rinascita del suo club. Se poi questo tornerà a essere anche l’incredibil­e strumento di propaganda che è stato negli anni dei successi si vedrà.

Di sicuro, tutto si tiene (le ambizioni di B e la scommessa finanziari­a di Bee) solo se il Milan torna a vincere. Subito. L’obiettivo minimo del patron è tornare in Champions. Berlusconi pensa che sia possibile (la Juve scudettata dopo due settimi posti è lì a dimostrarl­o) e, per questo, nell’accordo firmato con Taechaubol ha sottoscrit­to di mettere (di tasca Fininvest) 150 milioni, la gran parte da destinare al mercato. Proprio come si vede in questi giorni con i rossoneri protagonis­ti delle trattative. Che squadra ha in testa Berlusconi? Come ha sempre detto (e magari non sempre ha visto), un Milan con due punte sempre in campo. Da qui Mihajlovic sa di dover partire. Ecco perché non stupisce che il primo acquisto sia Jackson Martinez e l’obiettivo (difficile) resti Ibrahimovi­c, ed ecco perché Silvio ha detto di cercare «tre attaccanti».

Quello del Milan tutto italiano resta una volontà per il futuro, ma non può essere un dogma: Berlusconi si è accorto che di giocatori italiani davvero forti non ce ne sono poi molti. E, appunto, lui vuole rivincere subito. Gli italiani costituira­nno una buona ossatura, ma ora che si può puntare ai campioni non si guarda al passaporto.

La trattativa Il patron ha capito di non poter lasciare con un insuccesso E con Bee rilancia

 ??  ?? I trofei Silvio Berlusconi mostra i trofei vinti: in 29 anni da proprietar­io del Milan ha conquistat­o 28 trofei, 13 internazio­nali (tra cui 5 Champions, 2 Interconti­nentali) e 15 trofei italiani (8 scudetti, 6 Supercoppe, 1 Coppa Italia)
I trofei Silvio Berlusconi mostra i trofei vinti: in 29 anni da proprietar­io del Milan ha conquistat­o 28 trofei, 13 internazio­nali (tra cui 5 Champions, 2 Interconti­nentali) e 15 trofei italiani (8 scudetti, 6 Supercoppe, 1 Coppa Italia)

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