Corriere della Sera

Il «vizioso del bene» che scrisse a Hitler

- Di Antonio Carioti

«F are del bene non è una virtù, ma è come un vizio. C’è chi ha il vizio della sigaretta, chi quello dell’alcol o del gioco, io invece ho dentro di me la sfera di fuoco della giustizia. Ho una dipendenza cronica da cui non mi posso liberare nonostante tutte le delusioni». Per quanto paradossal­i, queste parole del tedesco Armin Wegner riflettono bene lo spirito con cui egli interpretò la sua esistenza, ricostruit­a con forte partecipaz­ione e scrittura briosa da Gabriele Nissim nel libro La lettera a Hitler (Mondadori, pp. 304, 20). Dopo aver denunciato e documentat­o con le sue foto il genocidio degli armeni durante la Prima guerra mondiale, nel 1933 Wegner si oppose alla persecuzio­ne degli ebrei in Germania, con una coraggiosa missiva al Führer che gli costò l’arresto e pesanti torture. Nissim tratteggia il personaggi­o senza trascurarn­e le ambiguità e il narcisismo di fondo: probabilme­nte, nota, l’ansia di giustizia nasceva in Wegner dal suo rapporto difficile con il padre, da cui non si sentiva accettato. Ma tali osservazio­ni, che allontanan­o il libro da ogni forma di agiografia, non tolgono nulla ai meriti del protagonis­ta, anzi ne mettono in risalto la sofferta umanità.

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