Un piano fatto (quasi) solo di tasse Il collasso visto da una farmacista
Lo Stato non rimborsa, consumi strozzati. E ora si rischia una recessione del 2,6%
Mentre i ministri delle Finanze europei si infilavano in un palazzo di Bruxelles per capire se la Grecia possa ancora essere salvata, ieri sera alle sei, Maria sorrideva al banco della sua farmacia di Atene. Il Paese è a pochi giorni dal collasso finanziario ma, per tutto il pomeriggio, né lei né i suoi clienti sembravano sicuri se crederci veramente. Nessuno tradiva segni di nervosismo, forse perché da tempo milioni di ateniesi hanno scelto di lasciarsi sedare dall’apparente normalità della vita quotidiana. Ma Maria, 34 anni, continuando a sorridere al banco, ha fatto qualche calcolo mentale e ha capito che non ha più tempo: altri sei mesi così, stima, ed è finita. Non ha letto il piano presentato al tavolo di Bruxelles, ma sa già che non risolverà nessuno dei problemi che la stanno trasformando, lentamente ma inesorabilmente, in una disoccupata.
La sua farmacia di 40 metri quadri su Odos Benaki, fra le piazze centrali di Syntagma e Omonia, contiene tutte le contraddizioni di un Paese che rischia di avvelenarsi da solo e con la collaborazione dei suoi creditori.
Per cinque mesi Alexis Tsipras, il premier della sinistra radicale, ha rifiutato di agire o di ammettere che il baratro era sempre più vicino. Ora che è a un passo, ha presentato ai governi dell’area euro e del Fondo monetario internazionale un programma che è l’equivalente finanziario di una disperata chemioterapia a dosi massime: una stretta di bilancio da 2,6 miliardi per i prossimi sei mesi e poi un’altra da 5,2 miliardi nel 2016. Quasi tutto da eseguire aumentando l’imposta sui consumi, i contributi di sicurezza sociale sulle imprese e sui lavoratori, i prelievi sul fatturato e gli utili delle aziende e quelli sulle persone con redditi sopra ai 30 mila euro. Nel complesso, se il piano non cambierà radicalmente, sono in gran parte nuove tasse.
Riportata alle dimensioni dell’Italia, la manovra di Tsipras varrebbe sacrifici per 24 miliardi di euro nei prossimi sei mesi e altri 45 miliardi nel 2016. La principale differenza con l’Italia è che il settore pubblico in Grecia pesa (se possibile) ancora di più, quindi l’effetto recessivo sarebbe persino più profondo: circa due punti e mezzo di recessione supplementare, inoculati nell’organismo di un’economia già completamente stremata. «Di fronte a un programma del genere, mi chiedo quali economisti possano tacere e pretendere di conservare la loro integrità professionale» commenta Athanasios Orphanides, fino al 2012 governatore della Banca di Cipro, ex consigliere del vertice della Federal Reserve ed oggi economista al Massachusetts Institute of Technology.
Nella farmacia di Odos Benaki ad Atene, Maria invece non sa cosa pensare. Dovrebbe essere felice se Tsipras aumenterà le entrate, perché il governo le deve 50 mila euro. In Grecia le farmacie forniscono medicinali su prescrizione gratis o scontati al 90% a tutti i clienti in pari con l’assicurazione sanitaria (quindi spesso non ai disoccupati), poi lo Stato indennizza il farmacista a prezzo pieno. Però il governo di Syriza ha pagato la farmacia di Maria solo per un mese e mezzo da quando si è insediato, poi ha iniziato ad accumulare arretrati: a questo punto le deve 50 mila euro che lei ha già dovuto anticipare ai distributori all’ingrosso, titolari di licenze d’importazione. Tra sei mesi Maria sa già che non ce la farà più.
Come milioni di altri greci, nei giorni scorsi lei è stata tentata di chiudere il proprio conto corrente e mettersi i risparmi in casa. Ha rinunciato quando si è resa conto che aveva bisogno della banca per pagare i fornitori di farmaci per il diabete, che le vengono richiesti di continuo. L’unica tecnica di sopravvivenza che le resta è quella a cui hanno già fatto ricorso tutti: ridurre all’osso qualunque spesa. Non ha più dipendenti. Ha rinegoziato il contratto d’affitto e oggi paga solo 1.100 euro al mese, la metà di prima della Grande Recessione.
Quasi tutto in Grecia in realtà costa la metà di prima, eppure esistono eccezioni che inducono Maria a dubitare che i sacrifici proposti da Tsipras siano davvero la risposta giusta. Lo capisce chiunque dia un’occhiata sugli scaffali ai flaconi di vitamina B, ai pacchi di latte in polvere per neonati, ai tubetti di vitamina C o all’acido linoleico, un prodotto dietetico molto popolare. Un pacco di latte per bebè costa 26 euro, mentre in Italia si trova a 14. La vitamina B costa cinque volte più che negli Stati Uniti. La vitamina C da mille milligrammi va a 2,40 euro a compressa, contro offerte su Amazon a 6 centesimi. Quanto all’acido linoleico, Maria lo compra dall’importatore quattro volte più caro di quanto costi al banco negli Stati Uniti e lo rivende a sette. Questa categoria di prodotti vale quasi metà delle sue vendite e i suoi prezzi sono distorti e viziati dagli oligopoli degli importatori, e delle mancate aperture del mercato in Grecia.
Il ministro della Salute, Panagiotis Kouroumblis, non vedente, è il primo disabile a entrare nel governo e fa moltissimo per i più deboli. Ma né lui, né Tsipras, né i loro creditori, parlano mai di liberalizzazioni o lotta agli oligopoli: è più sicuro aumentare tutte le tasse, una volta raggiunto l’orlo del baratro.
Prezzi distorti In Grecia i prezzi sono distorti e viziati dagli oligopoli degli importatori, e dalle mancate aperture del mercato in Grecia Il latte e le vitamine Un pacco di latte per bebè costa 26 euro, mentre in Italia si trova a 14. La vitamina B costa cinque volte più che negli Stati Uniti