La Grecia sul baratro chiude le banche
Si ferma anche la Borsa. Limiti a bonifici, assegni e prelievi. Draghi: impegnati ad aiutare le economie fragili
La Grecia sull’orlo del baratro chiude la Borsa e le banche. Limiti per bonifici, assegni e prelievi. L’annuncio del premier Tsipras dopo la decisione della Banca centrale europea di non concedere ulteriore liquidità. L’istituzione di Francoforte aveva infatti deciso nel primo pomeriggio di ieri di non fornire fondi di emergenza agli istituti di credito ellenici. Tsipras in televisione ha quindi parlato di «momento storico, senza precedenti per il Paese». E ha aggiunto: «Non ci faremo ricattare». Il premier ha invitato alla calma, ma il blocco potrebbe durare per giorni. Il dramma greco è stato oggetto anche di un colloquio tra il presidente americano Barack Obama e la cancelliera tedesca Angela Merkel. Il presidente della Bce, Mario Draghi: impegnati ad aiutare le economie fragili.
Chiudere le banche è quanto di più ingiusto possa capitare, agli occhi di chi non può accedere al proprio conto corrente. Raramente un governo sopravvive a lungo a qualcosa del genere. Infatti, il gioco del «chi è la colpa» è già iniziato, in Grecia, dopo la decisione di Alexis Tsipras e del suo gabinetto di procedere alla serrata, assieme a quella della Borsa, oggi e probabilmente per i giorni a venire. Tsipras ha immediatamente indicato nella Banca centrale europea la responsabile della decisione, in quanto l’istituzione di Francoforte aveva deciso nel primo pomeriggio di ieri di non fornire per ora fondi di emergenza agli istituti di credito ellenici.
La realtà non è quella indicata dal premier greco. Anzi. In teoria, nei mesi scorsi la Bce avrebbe potuto dare un colpo mortale al sistema bancario ellenico, e quindi alle speranze di Atene di restare nell’euro, negandogli l’accesso a ogni forma di finanziamento. Non lo ha fatto, nonostante ci fossero pressioni in quella direzione. E nemmeno ieri è arrivata a quello, nonostante già domani ci siano due scadenze che potrebbero costringerla, dal punto di vista legale, a compiere il passo: la fine del programma di aiuti dei creditori alla Grecia, che non è stato rinnovato, e il probabile mancato pagamento di una rata da 1,5 miliardi al Fondo monetario internazionale da parte di Atene che potrebbe portare a un default.
In una riunione del Consiglio dei governatori, l’istituzione guidata da Mario Draghi si è invece limitata a congelare l’ammontare di liquidità di emergenza erogata alle banche elleniche al livello di venerdì scorso, poco più di 89 miliardi. Significa che oggi e domani non darà loro altro denaro. Non poteva erogare altri fondi, visto il deragliamento del programma di salvataggio ellenico, di fronte alla possibilità che il denaro che presta non le venga restituito. Ma non ha sbarrato definitivamente la porta della cosiddetta Ela, l’Assistenza di liquidità d’emergenza: mercoledì, il Consiglio dei governatori si dovrebbe riunire di nuovo per decidere come procedere.
Se le due scadenze gemelle di domani andranno come ci si aspetta, difficilmente potrà elevare il tetto degli 89 miliardi. Potrebbe però continuare a non chiudere la porta in attesa del risultato del referendum di domenica prossima, nel quale i greci sono chiamati a decidere se accettare il programma dei creditori oppure respingerlo dando inizio al processo che probabilmente finirebbe con l’uscita del Paese dall’Unione monetaria. Se invece dovessero esserci novità significative, potrebbe dare nuova liquidità al sistema bancario: al momento, però, è difficile immaginare quale svolta potrebbe portare a un’eventualità del genere.
L’Ela è di fatto l’unica fonte di finanziamento sulla quale, da settimane, possono contare le banche greche, sia per fare fronte alle normali operazioni sia per soddisfare le richieste di ritiro dei depositi avanzate in misura sempre più massiccia dai correntisti e dai risparmiatori. In marzo, la Bce ha stabilito che le banche elleniche non possono più accedere al finanziamento regolare — quello allo 0,05% — che l’istituto di Francoforte garantisce agli istituti di credito europei, in quanto i titoli dello Stato greco che darebbero in garanzia non sono più accettabili (titoli spazzatura). Non ha però tagliato fuori del tutto il sistema. Ha tenuta aperta la porta della Ela, cioè una linea di credito di salvataggio, in teoria di breve durata e solo per poche operazioni, in modo da garantire che le banche non avessero problemi di liquidità. Lo ha fatto aumentando via via il tetto della linea di credito, prima tarandolo sulle esigenze greche su basi settimanali, poi su basi praticamente quotidiane. Draghi e i governatori sono andati oltre a quello che erano tenuti a fare: hanno esteso al massimo la Ela, che in pratica è così diventata una fonte di finanziamento essenziale anche per il governo. Al punto che il presidente della tedesca Bundesbank, Jens Weidmann, la settimana scorsa ha criticato l’operazione che a suo avviso andrebbe al di là del mandato della Bce, cioè finanzierebbe lo Stato greco. In altri termini, Draghi sta facendo il massimo per non affossare il sistema bancario ellenico. Si sta muovendo su un sentiero strettissimo. I politici — greci ed europei — non hanno trovato un accordo e ciò ha messo la Bce nella condizione di essere l’unica fonte di sostegno alla Grecia, per alcuni versi lasciata sola: se avesse deciso di tagliare i fondi alle banche, sarebbe stata accusata di spingere Atene verso l’uscita dall’euro. Ma Draghi non vuole finire nel ruolo di affossatore quando non lo è. Anche la decisione di ieri di non dare altro denaro alle banche elleniche ma di non chiudere la Ela o di abbassare il tetto degli 89 miliardi va letta in questo senso.
Mario Draghi Sosteniamo l’impegno degli Stati membri ad agire per affrontare la fragilità dell’area euro Lavoriamo strettamente con la Banca di Grecia che prenderà tutte le misure per assicurare la stabilità ai greci