In cerca di soldi, la notte di Atene
«C’è ancora denaro lì dentro?». La donna urla dal finestrino della sua vecchia Renault e appena capisce che non ce n’è più fila via, a caccia del prossimo bancomat.
A questo, nella piazza centrale del quartiere di Kipseli, fra poco arriverà una guardia giurata con una valigetta piena di euro: appena entra nella filiale della Ethnikì Trapeza («Banca popolare») per ricaricare lo sportello automatico, all’esterno si forma subito una fila di sei o sette anziani dall’aria esausta.
Questo non è un posto come gli altri. Kipseli era una zona del ceto medio sette anni fa, quando un ceto medio esisteva ancora nelle periferie di Atene. Oggi è una borgata su cui grava il degrado, multietnica, soggetta alle scorribande dei neonazisti di Aba Dorata.
Però ha un titolo di gloria: qui abita Alexis Tsipras, in via dell’Armonia («Odos Armonias») al 74a. Per la precisione il premier abita al piano alto della parte alta della strada più in alto di un quartiere popolare, lungo il dorso di una collina. L’urbanistica di Atene vuole che più sopra si abita e più si appartiene all’élite, ma i vicini di Tsipras che vivono più in basso lungo la discesa non gliene vogliono per questo.
Non cova alcun risentimento il signor Erakles, 53 anni, impiegato pubblico nel settore ferroviario che abita al numero civico 68 di via dell’Armonia. Alle ultime elezioni nel gennaio scorso Erakles ha votato per Syriza, il partito del premier — dice — e lo rifarebbe; ma una settimana prima di segnare sulla scheda il simbolo di una formazione della sinistra radicale, ammette, ha preso una precauzione: «Ho ritirato tutti i miei risparmi dalla banca e li ho portati a casa. Da allora non si sono mossi».
Erakles per anni ha visto passare Tsipras uscendo al mattino, e ora non ha dubbi: si comporterà come consiglia il suo vicino di casa. Al referendum di domenica prossima voterà «no» all’accordo proposto dall’Eurogruppo dei ministri finanziari dell’euro. Lo farà perché dal 2009 il suo stipendio è già stato tagliato del 50% («senza contare gli aumenti delle tasse») e perché, dice, non gli va che qualcuno cerchi di ricattare la Grecia.
Come altri vicini di Tsipras in via dell’Armonia, Erakles ha molte idee in conflitto fra loro. Vuole votare «no» domenica prossima, ma vuole anche restare nell’euro. È contrario a un compromesso umiliante con l’Europa, ma conta sulla maggioranza degli altri elettori per farlo passare perché — ammette — ha paura delle conseguenze se vincesse il fronte che lui stesso sostiene.
È sulla stessa linea Katherini Bebelou, 38 anni, un caschetto di capelli molto ossigenati, precaria del ministero dell’Educazione a 600 euro netti al mese, anche lei vicina di casa Tsipras al numero 58 di via dell’Armonia. «Voterei sì a un referendum sul futuro della Grecia nell’euro — assicura — ma voterò no a quello sul programma proposto dall’Europa». Lei non condivide l’idea che la Grecia sarebbe fuori dalla moneta unica se domenica prossima vincesse il «no». Katherini è single, ha già votato per Tsipras e lo rivoterebbe, sottolinea, perché vuole continuare a sperare di potersi permettere un figlio, un giorno. Ma domenica ha disperatamente bisogno che vinca il «sì» e che la Grecia resti nell’euro e nell’Unione Europea, perché l’ufficio dove lei lavora è finanziato dai fondi di Bruxelles.
Qualche passo più sotto abita una vicina preoccupata dalla schizofrenia diffusa in città. «Al referendum voterò sì perché mi sento più sicura nella Comunità Europea — dice Eri Boukouvala, 44 anni —. Se non accettiamo le misure, ci mettiamo contro la Germania». Eri insegna alle superiori, ha subito continui tagli di stipendio per un totale del 20%, e ha votato anche lei per Tsipras.
La prossima volta non lo farà. «Ha buone intenzioni, poi però le cose sono andate peggio di come credevamo. Non penso che abbia persone adatte intorno a lui». A questo punto però, intorno a mezzogiorno di domenica, Eri Boukovala dimostra di non avere un perfetto quadro della situazione: annuncia che oggi andrà in banca a ritirare i suoi risparmi; non sa di aver aspettato troppo. Poche ore dopo il governò deciderà di chiudere gli istituti di credito, chissà per quanto.