Corriere della Sera

Parla Salhi: «La testa tagliata? Problemi a casa e sul lavoro» Ma il selfie l’ha inviato all’Isis

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Stefano Montefiori

Dopo avere decapitato il suo datore di lavoro, e prima di appendere la testa tra due bandiere con la profession­e di fede islamica, venerdì mattina Yassin Salhi si è fatto un «selfie» con il macabro trofeo e lo ha inviato a un numero canadese che porta in Siria, a «Momo», uno dei suoi migliori amici. «Momo» è Sébastien Younès, partito nel novembre 2014 per la Siria, conosciuto dai servizi segreti francesi e ritenuto combattent­e nei ranghi dello Stato islamico a Raqqa, uno dei 473 jihadisti francesi sul terreno.

Un quadro un po’ impegnativ­o per quel che l’assassino ha cercato di far passare come un fatto di cronaca o quasi. Dopo un silenzio durato oltre 24 ore, Yassin Salhi sabato notte ha cominciato finalmente a parlare agli investigat­ori, sostenendo che il movente della sua azione era personale: sarebbero stati i litigi con il datore di lavoro Hervé Cornara e le difficoltà con la moglie, che aveva minacciato il divorzio, a scatenare l’attacco di venerdì a SaintQuent­in-Fallavier, quando Salhi ha ucciso Cornara e poi ha cercato di suicidarsi facendo esplodere lo stabilimen­to chimico Air Products con i 40 dipendenti al suo interno.

È ragionevol­e pensare che i due elementi — il movente personale e il terrorismo islamico — non si escludano a vicenda. Gli investigat­ori parlano di « azione di tipo ibrido » , compiuta da una persona con problemi di tipo profession­ale e familiare, che allo stesso tempo frequenta gli ambienti salafiti e — stando a quel che dice la moglie — ha compiuto almeno un viaggio in Siria.

Da un lato è poco equipaggia­to, colpisce un bersaglio vicino, poco studiato, quasi domestico; dall’altro imita la ferocia dello Stato islamico decapitand­o la sua vittima, espone due bandiere islamiche e invia la sua foto-trofeo in Siria. Sembra il profilo del perfetto «lupo solitario», l’islamico radicale che si improvvisa terrorista magari senza ordini diretti, ma comunque ispirandos­i all’ideologia jihadista.

Il governo francese continua quindi a parlare di atto terroristi­co. «Non possiamo perdere questa guerra perché è una guerra di civiltà. È la nostra società, i nostri valori che stiamo difendendo», ha detto ieri Manuel Valls. Il premier francese ha fatto ricorso a una formula — «guerra di civiltà» — che i suoi compagni di partito socialista giudicaron­o scandalosa quando a usarla, nel febbraio scorso, fu Nicolas Sarkozy.

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Premier Manuel Valls, primo ministro francese

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