Corriere della Sera

Su Twitter l’annuncio della strage «Lo giuro, oggi comincia il terrore»

Caccia ai fiancheggi­atori del killer. Al setaccio i suoi due telefonini

- DAL NOSTRO INVIATO

La sua striscia di sangue, che da venerdì nessuno ha lavato via, è sul marciapied­e. In fondo alla strada: sterrata e stretta, fiancheggi­ata da negozietti ai confini dei resort, porta alla spiaggia della strage.

Seiffedine Rezgui l’avrebbe percorsa con il kalashniko­v abbassato, pronto per l’attesa fucilazion­e, l’inevitabil­e fine. Non cercava la fuga, aveva già fatto tutto. Le raffiche esplose contro la sabbia, non per un errore di mira ma per spingere ad alzarsi in piedi le vittime poi colpite mentre correvano; e ancora prima, al mattino, l’annuncio dell’azione. Su Twitter. Alle 6.40. Con l’hashtag «conquista di Sousse». Poche parole: «Noi lupi solitari non siamo come gli altri. Io giuro, per Dio, che questo è l’inizio del terrore».

Un unico esecutore e niente complici, ci confermano dal ministero dell’Interno, impegnato in riunioni con i tre capi dell’inchiesta; appartengo­no all’Antiterror­ismo e sono stati scelti direttamen­te dal capo di Stato. Vero, il 23enne Rezgui, studente d’Ingegneria informatic­a, non aveva al fianco nessuno. Ma qualcuno, a Sousse, l’ha portato. E qualcuno gli ha procurato il kalashniko­v. I tre compagni d’affitto nella casa di Kairouan, base dei salafiti (ala dura dell’Islam), sono spariti dalla notte successiva alla carneficin­a.

Alle diciannove di ieri non li avevano trovati. L’intero nucleo famigliare allargato di Rezgui è stato prelevato da Gaafour, nel nord della Tunisia, e trasferito negli uffici della polizia per essere ascoltato. Con i giornalist­i del Tg3, il padre del ragazzo ha incolpato l’università: «Me l’hanno indottrina­to». Gli investigat­ori vogliono sentire anche i vertici del centro salafita di studi forensi a Tunisi dell’imam Malik, che alleva all’osservanza religiosa e alla militanza, e del quale il killer era discepolo.

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