Corriere della Sera

Lanzetta: subii critiche feroci per il mio no alla giunta calabrese Ora quell’assessore è in arresto Chi è

- di Alessandro Trocino

Fu a causa di Nino De Gaetano, indicato come assessore regionale ai Lavori pubblici, che Maria Carmela Lanzetta, ex ministero degli Affari regionali, decise di dire no a Mario Oliverio e non entrò nella giunta della Calabria. Per quel gesto si scatenaron­o dure polemiche e lei tornò a fare la farmacista. Venerdì, De Gaetano è stato arrestato. E ora la Lanzetta si dice «pronta a tornare in politica». Perché disse no a Oliverio? «Per consideraz­ioni politiche. De Gaetano non era stato candidato alle Regionali. Poi viene nominato assessore senza una spiegazion­e da parte di Oliverio, nonostante io abbia sempre chiesto di spiegare il perché del doppio binario. Aspetto ancora la risposta. Ricordo che i “santini” di De Gaetano erano stati trovati in casa dei Tegano (considerat­i affiliati alle cosche, ndr). C’erano anche le intercetta­zioni del suocero. La Squadra mobile di Reggio Calabria aveva chiesto l’arresto di De Gaetano, allora consiglier­e. Poi era nota a tutti l’inchiesta per la “rimborsopo­li” calabrese. Ancora non si è capito perché Oliverio ha voluto nominare assessori già indagati,

Maria Carmela Lanzetta, 60 anni, del Pd, è stata ministro per gli Affari regionali del governo Renzi da febbraio 2014 a gennaio 2015. Dal 2006 al 2013 è stata sindaco di Monasterac­e (Reggio Calabria) ben sapendo di rischiare la fine della sua giunta».

All’epoca, nel Pd ci fu chi le diede ragione, come Delrio, e chi la criticò.

«Parlai prima con Renzi e poi con Delrio, il giorno dopo aver saputo della nomina di De Gaetano. Dissi che non sarei entrata nella giunta e che avrei mantenuto la parola data di dimissioni da ministro. Non mi sono pentita. Ci furono anche critiche feroci e insulti. Non da parte di Oliverio, ma dai suoi compagni. Potrei rispondere con il detto di Gandhi: “Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci”».

Rosy Bindi la convocò alla commission­e Antimafia.

«Agli scivoloni la Bindi ci ha abituati. Vedi anche l’ultima frase famosa “Il caso De Gaetano è chiuso e non si doveva neanche aprire”. E il caso “impresenta­bili”, per i quali è stata accusata di usare la commission­e per vendetta politica. Ho sempre stimato la Bindi, ma forse le ha dato fastidio il mio giudizio sulla commission­e Antimafia, che è fuori tempo per affrontare le problemati­che della ‘ndrangheta, essendo nata 50 anni fa. La commission­e dovrebbe tagliare passerelle e audizioni, per incontrare la società civile. Una commission­e che spende una giornata per convocare la Lanzetta, per la frase di un’intervista, conferma quanto ho detto. Però, su richiesta del Movimento 5 Stelle non ha convocato De Gaetano e ha convocato invece Oliverio. Chissà perché».

I 5 segretari provincial­i del Pd l’accusarono di gettare fango e di usare una «lingua tipica della cultura mafiosa».

«Gettare fango perché ho posto un problema di opportunit­à politica su una nomina? Se fosse così l’Italia sarebbe sommersa dal fango. “Mafioso”, naturalmen­te».

Oliverio l’accusò di «sindrome di esaltazion­e del proprio ego» e disse che lei era Le spiegazion­i Chiedevo spiegazion­i sull’incarico a De Gaetano. La sua situazione era nota a tutti «strumento di una interessat­a strategia destabiliz­zante».

«Per quanto riguarda l’ego, da Oliverio posso solo prendere lezioni. Per il resto fu un equivoco. Ero sicura che con lui avremmo fatto grandi cose. Se avesse mantenuto più indipenden­za nelle nomine tutto questo non sarebbe successo».

Come valuta la giunta Oliverio? Dovrebbe dimettersi?

«Ha vissuto e operato Aspettando Godot. Più o meno per le stesse motivazion­i la Polverini si è dimessa. Oliverio dice che sono fatti avvenuti anni prima: decida secondo coscienza».

Sarebbe pronta a riconsider­are una candidatur­a locale o nazionale?

«Si, se me lo chiedesser­o sì. A certe condizioni mi piacerebbe tornare in politica».

La ‘ndrangheta avanza in Calabria?

«Avanza in Italia e in Europa. Per ridurla ai minimi termini sono necessarie leggi che consentano di uniformare le azioni di lotta, come ha più volte ribadito il giudice Nicola Gratteri. Bene ha fatto Renzi a nominarlo a capo della commission­e di studio».

La commission­e Antimafia ha deciso di convocarmi ma non ha mai sentito lui Non mi pento delle dimissioni da ministro ma a certe condizioni tornare in politica mi piacerebbe

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