NEOFEMMINISTE ALLA PROVA DEGLI ETERNI CORSETTI
Ormai è provato, i jeans skinny, quelli superaderenti che si incollano al corpo come una seconda pelle, possono nuocere alla salute, qualche giorno fa una signora australiana è finita in ospedale perché, per averli indossati troppo a lungo le avevano irritato un nervo e reso insensibili i piedi. Ma nonostante questo, continueremo a portarli, come i tacchi 12 o le borsone che sconvolgono la spalla: perché le leggi della bellezza agiscono sulle nostre menti, e sono più forti della logica e persino del femminismo. Lo sostiene sul Guardian Jessica Valenti, brillante penna del femminismo giovane e ragionante, promettendo che ai jeans stretti non rinuncerà, anche se comprimono la pancia, fanno sudare le gambe e nei casi meno fortunati producono un’orrenda esplosione di rotolini. Vorrebbe, Jessica, fare come sua figlia che con la primordialità dei bambini, rifugge dall’abbigliamento non comodo e urticante. Ma non è facile riprogrammare completamente i nostri cervelli di donne abituate da secoli a piccole quotidiane sofferenze, una per tutte il corsetto, strumento di nascoste torture che però ha regalato negli anni slancio e dignità anche ai fisici meno felici. E che ora è tornato in prima linea, sdoganato da Madonna e dal Clan Kardashian: le sorelle postano su Instagram immagini di waist training, lavoro in palestra con corsetto stretto in vita. A dir la verità la moda ci ha provato a farci riprendere la memoria dell’infanzia proponendo per l’estate pantaloni larghi, camiciole abbondanti, sandali flat. Ma la memoria sociale che per secoli ci ha condizionato riprende il sopravvento. Fate la prova e vestitevi comode per qualche giorno, presto vi stancherete di questa apatia estetica che diventa anche stanchezza etica. E vorrete rimettervi il corsetto, metafora di un atteggiamento non vulnerabile: per riacquistare una postura da amazzone e (non solo esteticamente) più dignitosa.