GUERRA E BELLE EPOQUE L’ITALIA DI CENTO ANNI FA
A Milano è in corso una mostra sulla Belle époque e la Grande guerra. Mi risulta che i primi anni del Novecento furono fra i più felici nella storia del nostro Paese; invece gli organizzatori lo hanno presentato come un periodo pieno di prevaricazioni, di proteste e di povertà. Qual è la verità?
Emilia Scotti Monza
Cara Signora,
La mostra, organizzata dalle Gallerie d’Italia nel palazzo di piazza della Scala che fu della Banca Commerciale Italiana, è affascinante. Raccoglie pitture e sculture realizzate tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento da artisti che abbiamo per molto tempo altezzosamente trascurato: Giulio Aristide Sartorio, Pietro Canonica, Felice Carena, Libero Andreotti. E guida il visitatore sino alla esplosione delle avanguardie che precede e accompagna la Grande guerra. I due curatori — Fernando Mazzocca e Francesco Leone — hanno una tesi. Credono che il mito della Belle époque e dei suoi fasti abbia nascosto e oscurato una realtà segnata da una miseria diffusa, grandi tensioni sociali, sanguinosi scontri di classe e terribili catastrofi naturali come il terremoto di Messina del 1908. Mentre la Grande guerra, nelle rappresentazioni tradizionali, è la fine di un’epoca ottimista e gioiosa, nella mostra di piazza della Scala è lo sbocco naturale di un’epoca cupa e minacciosa.
Come molte tesi, anche questa corrisponde solo parzialmente alla realtà. Per I’Italia i quindici anni che precedono l’attentato all’erede austriaco nella città bosniaca di Sarajevo furono un lungo periodo di crescita e progresso. Nell’era giolittiana, come venne poi definita, l’Italia registrò, insieme alla Russia, il più alto tasso di crescita europeo, convertì il suo debito alla Borsa di Parigi con grande vantaggio per le proprie finanze, modernizzò le proprie istituzioni con l’introduzione del suffragio universale, accettò lo sciopero come una legittima forma di dialettica sociale, creò il clima politico ed economico in cui sarebbero nate molte delle imprese che sono state protagoniste della economia italiana nel corso del Novecento.
Forse è sfuggito all’attenzione dei curatori che la loro mostra è ospitata da un palazzo che appartiene alla storia di quegli anni. Quando Luca Beltrame, restauratore del Castello Sforzesco, lo costruì, fra il 1906 e il 1911, la Banca Commerciale esisteva dal 1894 ed era già impegnata, tra l’altro, nella elettrificazione del Paese. Ancora una osservazione. In una delle didascalie che servono a meglio chiarire il percorso della mostra, vengono ricordate le sconfitte africane di Dogali (1887) e di Adua (1896). Sarebbe stato utile, per completezza, ricordare anche la guerra di Libia del 1911, l’anno in cui fu completata la costruzione del palazzo che ospita la mostra.