Corriere della Sera

GUERRA E BELLE EPOQUE L’ITALIA DI CENTO ANNI FA

- Sergio Romano

A Milano è in corso una mostra sulla Belle époque e la Grande guerra. Mi risulta che i primi anni del Novecento furono fra i più felici nella storia del nostro Paese; invece gli organizzat­ori lo hanno presentato come un periodo pieno di prevaricaz­ioni, di proteste e di povertà. Qual è la verità?

Emilia Scotti Monza

Cara Signora,

La mostra, organizzat­a dalle Gallerie d’Italia nel palazzo di piazza della Scala che fu della Banca Commercial­e Italiana, è affascinan­te. Raccoglie pitture e sculture realizzate tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento da artisti che abbiamo per molto tempo altezzosam­ente trascurato: Giulio Aristide Sartorio, Pietro Canonica, Felice Carena, Libero Andreotti. E guida il visitatore sino alla esplosione delle avanguardi­e che precede e accompagna la Grande guerra. I due curatori — Fernando Mazzocca e Francesco Leone — hanno una tesi. Credono che il mito della Belle époque e dei suoi fasti abbia nascosto e oscurato una realtà segnata da una miseria diffusa, grandi tensioni sociali, sanguinosi scontri di classe e terribili catastrofi naturali come il terremoto di Messina del 1908. Mentre la Grande guerra, nelle rappresent­azioni tradiziona­li, è la fine di un’epoca ottimista e gioiosa, nella mostra di piazza della Scala è lo sbocco naturale di un’epoca cupa e minacciosa.

Come molte tesi, anche questa corrispond­e solo parzialmen­te alla realtà. Per I’Italia i quindici anni che precedono l’attentato all’erede austriaco nella città bosniaca di Sarajevo furono un lungo periodo di crescita e progresso. Nell’era giolittian­a, come venne poi definita, l’Italia registrò, insieme alla Russia, il più alto tasso di crescita europeo, convertì il suo debito alla Borsa di Parigi con grande vantaggio per le proprie finanze, modernizzò le proprie istituzion­i con l’introduzio­ne del suffragio universale, accettò lo sciopero come una legittima forma di dialettica sociale, creò il clima politico ed economico in cui sarebbero nate molte delle imprese che sono state protagonis­te della economia italiana nel corso del Novecento.

Forse è sfuggito all’attenzione dei curatori che la loro mostra è ospitata da un palazzo che appartiene alla storia di quegli anni. Quando Luca Beltrame, restaurato­re del Castello Sforzesco, lo costruì, fra il 1906 e il 1911, la Banca Commercial­e esisteva dal 1894 ed era già impegnata, tra l’altro, nella elettrific­azione del Paese. Ancora una osservazio­ne. In una delle didascalie che servono a meglio chiarire il percorso della mostra, vengono ricordate le sconfitte africane di Dogali (1887) e di Adua (1896). Sarebbe stato utile, per completezz­a, ricordare anche la guerra di Libia del 1911, l’anno in cui fu completata la costruzion­e del palazzo che ospita la mostra.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy