Marino, i fascisti e la battuta sulle fogne
Cosa credeva di fare Ignazio Marino insultando i maggiorenti di destra dell’amministrazione precedente di Roma, quella dei fascisti che dovrebbero «tornare nelle fogne»? Voleva rinsaldare la coesione di un governo comunale sull’orlo dello sfaldamento? Far vedere che lui sa combattere? Oppure cercava di conquistarsi un’effimera adesione dell’uditorio insultando il nemico, bestializzandolo, disumanizzandolo, rendendolo simile a un topo di fogna? Ma poi Ignazio Marino, con una squadra di assessori falcidiati dal malaffare, ha forse una minima idea di quello che è successo in Italia quando, a forza di topi e bestialità, ci sono stati agguati, bastonate, coltellate, assassinii? Già Luca Mastrantonio, sul Corriere, commentando le parole grottesche di Marino ha notato quanto sia pericoloso abbassare il nemico sotto il rango dell’umanità, considerarlo un animale, una bestia, un topo. Ma la politica si indigna solo a singhiozzo. Se Grillo accosta i «topi» agli immigrati, giustamente viene sommerso dalla deplorazione pubblica. Se il sindaco di Roma, non un capo delle curve, ma il sindaco di Roma riesuma i fascisti come «topi di fogna» nessuno reagisce, nessuno lo costringe a una rettifica, nessuno gli fa notare quanto sia orrenda la cosa che ha detto, e solo per strappare un applauso a una manifestazione. Sarebbe troppo facile far notare a Marino quanti affari le cooperative e qualche suo assessore hanno fatto, strani maneggi con i «topi di fogna» neri, come se rossi e neri non avessero fatto cartello, anche con Marino sindaco, per spartirsi tangenti e sovvenzioni di Stato. Resta però che quelle parole hanno una storia alle spalle: una storia tragica. Nel corso degli anni Settanta, quando si parlava di «topi» e quando le relazioni tra parti nemiche venivano modellate a colpi di spranghe, bombe Molotov e pistolettate, non si aveva nessuna attenzione per le parole e per le conseguenze tragiche che l’uso di quelle parole comportava. Il sindaco Marino che usa con tanta superficiale disinvoltura la metafora aggressiva dei fascisti come «topi di fogna» da schiacciare forse non ricorda bene: bisognerebbe procurargli degli elenchi dettagliati di nemici politici, di destra e di sinistra, che furono uccisi, annientati dall’odio politico. E dopo Marino potrebbe anche scusarsi, confessare che quelle parole sono state dettate dal nervosismo. E dimenticare i topi, tranne quelli che approfittano della spazzatura in cui Roma sta affogando. E non per colpa del destino.