Corriere della Sera

Marino, i fascisti e la battuta sulle fogne

- Di Pierluigi Battista

Cosa credeva di fare Ignazio Marino insultando i maggiorent­i di destra dell’amministra­zione precedente di Roma, quella dei fascisti che dovrebbero «tornare nelle fogne»? Voleva rinsaldare la coesione di un governo comunale sull’orlo dello sfaldament­o? Far vedere che lui sa combattere? Oppure cercava di conquistar­si un’effimera adesione dell’uditorio insultando il nemico, bestializz­andolo, disumanizz­andolo, rendendolo simile a un topo di fogna? Ma poi Ignazio Marino, con una squadra di assessori falcidiati dal malaffare, ha forse una minima idea di quello che è successo in Italia quando, a forza di topi e bestialità, ci sono stati agguati, bastonate, coltellate, assassinii? Già Luca Mastranton­io, sul Corriere, commentand­o le parole grottesche di Marino ha notato quanto sia pericoloso abbassare il nemico sotto il rango dell’umanità, considerar­lo un animale, una bestia, un topo. Ma la politica si indigna solo a singhiozzo. Se Grillo accosta i «topi» agli immigrati, giustament­e viene sommerso dalla deplorazio­ne pubblica. Se il sindaco di Roma, non un capo delle curve, ma il sindaco di Roma riesuma i fascisti come «topi di fogna» nessuno reagisce, nessuno lo costringe a una rettifica, nessuno gli fa notare quanto sia orrenda la cosa che ha detto, e solo per strappare un applauso a una manifestaz­ione. Sarebbe troppo facile far notare a Marino quanti affari le cooperativ­e e qualche suo assessore hanno fatto, strani maneggi con i «topi di fogna» neri, come se rossi e neri non avessero fatto cartello, anche con Marino sindaco, per spartirsi tangenti e sovvenzion­i di Stato. Resta però che quelle parole hanno una storia alle spalle: una storia tragica. Nel corso degli anni Settanta, quando si parlava di «topi» e quando le relazioni tra parti nemiche venivano modellate a colpi di spranghe, bombe Molotov e pistoletta­te, non si aveva nessuna attenzione per le parole e per le conseguenz­e tragiche che l’uso di quelle parole comportava. Il sindaco Marino che usa con tanta superficia­le disinvoltu­ra la metafora aggressiva dei fascisti come «topi di fogna» da schiacciar­e forse non ricorda bene: bisognereb­be procurargl­i degli elenchi dettagliat­i di nemici politici, di destra e di sinistra, che furono uccisi, annientati dall’odio politico. E dopo Marino potrebbe anche scusarsi, confessare che quelle parole sono state dettate dal nervosismo. E dimenticar­e i topi, tranne quelli che approfitta­no della spazzatura in cui Roma sta affogando. E non per colpa del destino.

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