«Dopo Giulia, il Suv»
L’intervista I progetti di Harald Wester, capo del brand Alfa Romeo: «Arriverà prima il crossover compatto. Indispensabile un ritorno alle corse»
ARESE Il nome (Giulia) e la cosa («Primo esempio di un’Alfa Romeo tornata pura e autentica»: Sergio Marchionne). La tensione del lavoro che evapora nell’affondo dell’acceleratore, tornando a casa la sera al volante. L’agenda dei prossimi modelli. I «poli produttivi» di Cassino e Mirafiori. Le concessionarie da rivoluzionare. I programmi sportivi da riprendere. L’ingegnere Harald Wester, capo di Alfa Romeo (e di Maserati), è abituato a centellinare le parole e a sbriciolare la retorica con il laser azzurro del suo sguardo, ma se il discorso va sul Biscione visconteo si scalda. Siede accanto a una Giulia Quadrifoglio. Oltre la vetrata, lo scorcio del Museo di Arese, con la storia del marchio (e dell’Italia contemporanea) rappresa in una settantina di modelli.
Partiamo dal nome: è vero che l’avete deciso all’ultimo?
«Sì. Giulia aveva tutto quello che ci serviva, ma quando si volta pagina bisogna pensarci bene prima di tornare indietro anche solo per un dettaglio».
L’unico, visto che la Giulia — a quanto dite — è nuova dal primo all’ultimo bullone.
«È così. E quello che è stata la Giulia per i suoi tempi, la nuova lo sarà oggi. Abbiamo cambiato tutto, ma rispettando il Dna e l’anima del marchio».
Non avete dato tutte le informazioni tecniche, vi siete limitati al motore della Quadrifoglio, quel 6 cilindri biturbo-benzina da 510 cavalli di derivazione Ferrari.
« Le pare poco? Abbiamo tracciato il profilo delle nuove Alfa: motori all’avanguardia, distribuzione dei pesi 50/50, soluzioni tecniche uniche, miglior peso/potenza della categoria, design italiano. Gli elementi che hanno reso l’Alfa un brand conosciuto e desiderato nel mondo. Da quando ci siamo immersi in questa impresa, siamo cambiati: siamo diventati meccanici delle emozioni».
Della leggenda del Biscione fanno parte anche certi secondi nomi: Sprint, Super, Junior… Li recupererete? «Non lo escludo». La prima impressione al volante della Giulia?
«Mi sono sentito succhiato dentro…». Cioè? «La posizione di guida, i comandi, il profumo, il suono del motore, quell’atmosfera… Di buone auto ce ne sono tante. Io le provo tutte, è importante, c’è sempre da imparare. Ma dopo un quarto d’ora sono già alla ricerca del pulsante per disattivare certi sistemi. O dopo due giorni non ho ancora trovato la regolazione del sedile. O magari è tutto preciso, ma l’elettronica cancella la sensazione di avere il controllo... Invece non c’è niente di meglio di un’auto che ti fa guidare anziché guidarti. Le Alfa sono così». L’ha guidata a Balocco? «Anche sulle strade aperte. Certe volte stacco dall’ufficio e arrivo a casa con un sorriso da qui a lì. È il suono del motore, in particolare, che mi tira su. Aspetto il tunnel, accelero, e quel concerto è un tonico formidabile… Può essere un’Alfa 8C, la Giulia, una Maserati... È la differenza tra un buon prodotto e un’auto emozionante». Dopo la Giulia? «Il piano è stabilito. Anziché infilarci nelle nicchie delle nicchie, wagon o prodotti europei, punteremo sulle maggiori potenzialità di business».
Tradotto?
«Basta guardare i segmenti più importanti a livello globale: sono quelli della Giulia, delle berline più grandi e dei crossover di ogni taglia».
La produzione della Giulia è impiantata a Cassino.
«Il piano prevede che lì nascano almeno tre prodotti. Cassino è uno stabilimento flessibile, con una capacità di oltre 350mila veicoli. Ci aspettiamo che lavori a pieno ritmo». Mirafiori? «Probabile: il piano prevede un secondo polo produttivo».
State rivoluzionando anche la rete di vendita.
«In Europa mettiamo insieme Jeep e Alfa, i nostri brand globali. Per il lancio della Giulia, all’inizio del 2016, saremo pronti. L’America è un altro film: oggi abbiamo 95 punti vendita e vogliamo arrivare almeno a 250 concessionari». Alfa Romeo significa sport. «Non c’è un altro marchio con radici così profonde nelle corse: è indispensabile riprendere il discorso».