Precisione, la passione di Cunningham
Ivan Cotroneo, domani alla Milanesiana, racconta il suo «debito» verso l’autore di «The Hours»
La prima volta che ho incontrato Michael Cunningham, ero già stato rapito a distanza dalle sue parole. Lavoravo come lettore dall’inglese per la Bompiani, e mi ero imbattuto in The Hours, arrivato a casa come un dattiloscritto insieme a tanti altri, prima della sua pubblicazione negli Stati Uniti, prima del premio Pulitzer, prima del film, prima di tutto.
Ho un ricordo nitido dell’inizio di quella lettura, e insieme al ricordo, affiora una parola che per me definisce la scrittura di Cunningham. La parola è: precisione. Fin dall’attacco del romanzo (il racconto degli ultimi istanti di vita di Virginia Woolf) era evidente come la scelta del lessico, la costruzione della frase, l’andamento del capitolo, sembrassero obbedire a una legge di necessità. Solo quell’aggettivo, solo quella frase, solo quell’espressione erano possibili, perché erano precisi.
La magia della scrittura di Cunningham sta nel fatto che la precisione non viene percepita alla lettura come ricerca, ma come naturalezza. Nei romanzi di Cunningham (e anche nei pochi racconti che ha scritto, penso a fanno densi di significato non appena ce li lasciamo alle spalle. Precisione e naturalezza. Disciplina e ricerca da un lato, e dall’altro abbandonarsi alle spinte della vita, anche quando queste ci portano all’estremo opposto del luogo che volevamo raggiungere. Un sentimento di insoddisfazione costante ( ora sonnecchiante, ora bruciante come una sconfitta) che accompagna sempre il nostro lavoro. Una partecipe pietà umana per i personaggi raccontati, che non sono mai così lontani da noi anche quando commettono nefandezze.
So che se non avessi conosciuto Michael sarei uno scrittore diverso, so che se non avessi lottato da traduttore insieme e contro quelle parole che tanto amavo, avrei capito meno della testardaggine e della perseveranza legate al nostro lavoro. Precisione e umanità. Ricerca continua, destinata per assioma ad agguantare solo un’ombra di quello che inseguivi. Tendere all’alto, sapendo già che raccoglierai da terra quello che puoi. Non potrei scrivere, se non sapessi questo.
Dunque grazie, signor Cunningham. Tradurti e conoscerti mi ha reso uno scrittore, e un uomo, diverso.