La scelta di Akie Abe: voglio dire ciò che penso
«In Giappone fino a oggi si è ritenuto inopportuno che la moglie di un premier parli di politica. Io penso che nel mio Paese i ruoli delle donne devono cambiare. Fino a oggi sceglievo le parole per non essere criticata; d’ora in poi vorrei esprimere le mie opinioni». Così ha detto Akie Abe, moglie del premier giapponese, in visita a Expo ( foto).
Sono parole che hanno preso di sprovvista perfino il traduttore, che ha riportato il discorso con evidente imbarazzo e sorpresa. Per una società cerimoniosa e rituale come quella giapponese, ogni parola detta fuori dalla convenzione suona subito trasgressiva e provocatoria. Naturalmente stiamo parlando dell’ambiente politico e diplomatico. A noi può sembrare solo una spavalderia. Per il Giappone invece queste parole non possono che suonare eversive e prendere un significato simbolico potente. La moglie di un premier non può pensare per conto proprio e per giunta rivendicare pubblicamente la sua autonomia di pensiero. Una cosa davvero inusuale. Intendiamoci: non è che le donne giapponesi siano impedite ad esprimersi in proprio. La società nipponica è complessa e contraddittoria: ha punte di emancipazione molto spregiudicate, a volte piu delle nostre, ma ha anche una pratica di ossequio rigidissimo alla gerarchia. E mi sembra che Akie Abe abbia voluto proprio colpire questa tradizione nell’ambito delle pubbliche istituzioni. Non ha annunciato che vuole separarsi dal marito, non ha detto che vuole ribaltare la gerarchia ufficiale. Ma ha asserito, con elegante fermezza, che da ora in poi vorrà essere considerata responsabile delle sue parole, che non esprimeranno solo le considerazioni e le decisioni del marito, ma un suo proprio autonomo parere. Un atto di ribellione che non passerà inosservato.
Akie Abe, conosciuta per aver preso altre volte una posizione diversa da quella del marito (per esempio riguardo all’uso del nucleare a cui lei è avversa, o riguardo ai rapporti spinosi con la Corea e con la Cina che lei vorrebbe ammorbidire), ha detto in questa occasione parole che suonano come uno squillo di tromba. Riuscirà, colei che è stata chiamata dal marito «la mia privata opposizione», a smuovere le acque stagnanti di un antico ossequio nei riguardi della tradizionale pratica misogina del potere?