Renzi: ora Berlino freni, è in gioco la stessa Ue
Il richiamo del premier ai leader europei. Più «responsabilità collettiva», la Grexit è un rischio troppo alto
Sull’aereo che lo porta a Bruxelles, Matteo Renzi non ha dubbi, mentre riflette ad alta voce con i suoi collaboratori. Al di là dei problemi contingenti, che «vanno comunque risolti rapidamente», perché «Tsipras ha dimostrato di avere una posizione più costruttiva di quella che aveva prima», va trovata una soluzione perché «la posta in gioco è la stessa Ue». Non è più del «possibile fallimento» ellenico che si sta parlando, «ma di quello dell’Unione Europea». Perché Grexit rappresenterebbe né più né meno questo. Perciò il premier che non ha mai «dato alla Germania la colpa di quello che è successo alla Grecia», anzi ha sempre ritenuto questa accusa una «sciocchezza», lui che non ha esitato a dire che il «referendum di Tsipras era un errore che avrebbe complicato le cose», da sabato sera ha deciso che «è ora di imporre un altolà alla Germania». E non è quindi un caso se la nuova Unità versione renziana, ieri, apriva la sua prima pagina con un titolone dal significato inequivocabile: «Il muro di Berlino».
Insomma, per il premier è giunto il tempo per «tutti di avere senso di responsabilità»: per Tsipras, ma anche per Merkel. Renzi lo ha ripetuto anche al premier greco, con il quale, negli ultimi tempi, i contatti si sono fatti più frequenti, dal momento che Tsipras vede in Renzi, come in Hollande, due leader del socialismo europeo schierati nel cosiddetto fronte delle colombe. Al capo del governo ellenico, il presidente del Consiglio ha spiegato: «Devi dimostrare subito di essere credibile e affidabile, perché è questo il problema che spinge molti Paesi a chiedere la linea dura nei vostri confronti. Non si fidano più di voi». Ma secondo il premier italiano, concetto che ha ripetuto ai suoi colleghi di governo della Ue, «non si può pensare a un’Europa senza Grecia», tanto più dopo che «le distanze si sono riavvicinate». Perciò ora «Tsipras compia degli atti concreti, varando riforme strutturali», ma i falchi non cerchino di metterlo all’angolo per costringerlo a uscire dall’euro. Non solo, secondo Renzi con la linea dura «si rischia di dare voce a tutti i populismi europei e questo non conviene a nessuno di noi». Ma dall’esperienza greca, secondo Renzi, si trae una lezione importante. Dopo decenni dalla sua fondazione è arrivato il momento di «costruire un’Europa politica e non solo economica». Se quell’Europa vi fosse già stata, ciò che è accaduto in questi mesi non sarebbe mai successo. Non in questi termini, almeno.
La sola ipotesi della Grexit non sarebbe mai neanche comparsa all’orizzonte. È quell’ultimo stadio che manca alla Ue. Perché se si avesse una visione più ampia dell’Europa, allora sarebbe più facile anche compiere «un cambio di passo, dall’austerity alla crescita, pur rispettando sempre le regole». Ma se la linea del «rigore» a tutti i costi ha fallito bisognerà interrogarsi sul perché, non si potrà continuare a fare finta di niente all’infinito. Dunque «bisogna arrivare il prima possibile all’Europa politica», questa ormai, per il premier è una necessità non più eludibile. Bisogna «riflettere sulle ragioni del nostro stare insieme», come ha avuto modo di dire già altre volte, «sui valori che ci uniscono». Perché non ci sono solo quei numeri aridi e basta, né l’Europa può fondarsi principalmente sulla sua burocrazia, piuttosto «deve guardare alle nuove generazioni». Sarà per loro, secondo Renzi, che andrà costruita l’Europa politica.
Ma, certo, ora c’è l’emergenza greca e questo discorso si potrà riprendere soltanto più in là. Perché i prossimi saranno giorni di fuoco. Però c’è da starne sicuri, il presidente del Consiglio prima o poi riallaccerà il filo di quel discorso perché se siamo stati sul baratro del «fallimento della Ue, questo dimostra la necessità di arrivare all’Europa politica».