Corriere della Sera

Ispiratori

- DALLA NOSTRA INVIATA

Non è una sorpresa che Malala non fosse a Birmingham ieri, nel giorno del suo diciottesi­mo compleanno, ma è la conferma che l’attivista pachistana insignita del Nobel per la Pace ha imparato a usare i riflettori che si accendono su di lei per illuminare le sofferenze delle sue coetanee nel mondo. Nel sedicesimo compleanno parlò alle Nazioni Unite («Un bambino, un insegnante, un libro possono cambiare il mondo»): la sua prima apparizion­e pubblica dopo che i talebani avevano tentato di ucciderla. Il diciassett­esimo lo aveva passato il Nigeria, per ricordare la sorte delle studentess­e rapite da Boko Haram. Ieri invece è tornata in Libano, dove ha inaugurato una scuola per ragazze fuggite dalla Siria. Loro hanno poco da celebrare: dopo oltre quattro anni di guerra sono quattro milioni i profughi. «Ho scelto di venire qui perché credo che debbano essere ascoltate le voci dei rifugiati siriani, ignorate da troppo tempo», ha detto Malala La scorsa settimana a Oslo aveva spiegato di non volere regali ma un sostegno autentico dei governi a favore dell’istruzione: più libri e meno pallottole. Molti per sostenere la sua campagna hanno pubblicato su Twitter i propri selfie con un libro in mano (lei ha scelto «Il diario di Anna Frank») e l’hashtag #BooksNotBu­llets.

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