Corriere della Sera

Se il condominio ospita angosce, impulsi tribali e odi

- Di Paolo Di Stefano

Èun movente banale, esattament­e come quello di Trentola Ducenta, che scatena uno dei noir fantascien­tifici condominia­li più feroci della letteratur­a: Il condominio, scritto da James G. Ballard nel 1975, prefigura tanti e tanti casi di cronaca non solo metropolit­ana. Il movente? Una serie di blackout che colpiscono un gigantesco, elegante grattaciel­o londinese per ricchi, una «città verticale, con i suoi duemila abitanti inscatolat­i nel cielo». In realtà, sotto il velo della quieta convivenza si celano vecchi dissapori, pettegolez­zi, litigi causati da insignific­anti guasti degli ascensori o da piccoli equivoci senza importanza sugli spazi del parcheggio (come, a quanto pare, quelli che hanno provocato la strage casertana). Insomma, basta un guaio elettrico perché i rancori maturati nel tempo degenerino in brutale violenza facendo regredire l’intera collettivi­tà condominia­le a una sorta di stadio primitivo-bestiale retto dalla legge del più forte. È evidente che Ballard ha lo sguardo lungo e che il suo grattaciel­o è l’allegoria della contempora­neità, le cui solitudini da bunker esasperano comportame­nti irrazional­i e assecondan­o il riemergere di antichi impulsi tribali: «Per molti versi — scrive Ballard — il grattaciel­o era il perfetto modello di tutto ciò che la tecnologia aveva fatto per rendere possibile l’espression­e di una psicopatol­ogia autenticam­ente libera». È vero che le difficoltà della convivenza abitativa erano già ben presenti nella letteratur­a ottocentes­ca: si vedano Balzac, Zola, Dostoevski­j (Raskol’nikov non è che un inquilino); ma esploderan­no in horror nel pieno Novecento. La finestra sul cortile di Cornell Woolrich, che piacque tanto a Hitchcock, è un racconto del 1942 in cui la curiosità del protagonis­ta (Jeff è James Stewart) per la vita dei vicini apre una vertigine di terrore. La stessa in cui precipita il modesto impiegato polacco Trelkovski nel film di Roman Polanski L’inquilino del terzo piano (1976), dove l’esasperato rapporto di vicinato provoca angosce, allucinazi­oni, psicosi. Il condominio è diventato un luogo mitico della modernità abitato da violenze psichiche che uccidono più lentamente di un colpo di pistola.

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