Investe un rifugiato dopo un diverbio: tensione a Roma I minori al centro di accoglienza si armano di sassi e bastoni. I residenti organizzano una spedizione punitiva
Nel 1993 perse il padre e due fratelli, pastori morti ammazzati a fucilate nell’ovile in cui lavoravano, una sera d’inverno, nella campagna di Randazzo, landa catanese di mafia rurale e misconosciuta. Oggi, 22 anni dopo, è ancora in campo nella battaglia giudiziaria per far condannare gli assassini, moderna Antigone che nel XXI secolo vuole restituire diritti e dignità ai propri familiari, attraverso la giustizia che ancora non hanno avuto. Affidandosi al progresso scientifico e a indagini di laboratorio inimmaginabili al tempo del triplice omicidio, che oggi possono fornire indizi nuovi e forse decisivi; un «caso freddo» riaperto dalla Procura antimafia di Catania, nel tentativo di inchiodare i killer che uccisero Antonio Spartà, 57 anni, e due suoi figli, Pietro Vincenzo e Salvatore, 27 e vent’anni d’età.
È quello che spera Rita Spartà, figlia e sorella delle vittime, all’epoca ventottenne, che insieme alla madre e alla sorella denunciò subito ai carabinieri i boss locali che avevano minacciato e taglieggiato la sua famiglia; e che avevano un ottimo movente per sterminarla dopo che gli Spartà avevano cominciato ad alzare la testa e ribellarsi. Come aveva fatto Pietro Vincenzo, che durante una lite in pubblico era venuto alle mani con un esponente del clan egemone nella zona, quello dei Sangani; e in una telefonata anonima segnalò ai carabinieri i soprusi dei boss. Per difendersi in caso di vendetta Pietro Vincenzo si procurò pure una pistola, ma quando arrivò il momento non fece in tempo a usarla.
Alla denuncia di Rita — che faticò a farsi ascoltare, avvertendo un senso di isolamento intorno ai resti della propria famiglia — si aggiunsero le dichiarazioni di alcuni pentiti, che parlarono proprio dei Sangani e dei Ragaglia, l’altro clan che comanda nel paese alle pendici dell’Etna. «Ricordo che sentii dire, a proposito dell’omicidio degli Spartà, “abbiamo ammazzato questi pezzi di merda così imparano e si rendono conto che contro di noi non ci può fare niente nessuno”», disse un collaboratore di giustizia; aggiungendo che il capo dei Ragaglia diede ordine agli esattori del «pizzo» di avvertire
Il primo provvedimento è stato presidiare per alcune ore il centro d’accoglienza con un blindato e un’auto della polizia così da scoraggiare eventuali repliche. Il secondo sarà quello di monitorare la situazione a Ponte di Nona per evitare che le tensioni fra migranti minorenni assistiti nella struttura Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) in via della Riserva Nuova e gli abitanti del quartiere possano salire ulteriormente.
Il timore di trovarsi di fronte a una nuova Tor Sapienza o a un’escalation di violenza come fu quella di Corcolle nell’autunno scorso è concreto per gli investigatori intervenuti sabato sera per impedire a una ventina di ragazzi per lo più nordafricani di uscire in strada armati di bastoni, spranghe e qualche grossa pietra per dare la caccia a chi, poco prima, aveva investito con la macchina un loro compagno. Un diciassettenne egiziano, trasportato in ambulanza al Policlinico di Tor Vergata e dimesso poco dopo con qualche giorno di prognosi. Niente di grave, ma poteva andare molto peggio. Anche perché — è una delle ipotesi degli investigatori — l’incidente non è stato casuale, ma l’epilogo di un confronto piuttosto acceso fra un gruppo di giovani romani che abitano nella zona e due-tre migranti che facevano ritorno nel centro.
Una palazzina moderna, in un quartiere che doveva essere residenziale ma che invece, tranne qualche eccezione, deve fare i conti con la malavita. Spaccio di droga soprattutto. Proprio da queste parti, non lontano dalle caratteristiche case colorate dell’Ater — edilizia popolare progettata dall’architetto Paolo Portoghesi e consegnata nel 2008 —, i carabinieri hanno sgominato di recente una banda di narcotrafficanti mentre un romeno è stato accoltellato La struttura L’ingresso del centro di accoglienza immigrati di Ponte di Nona mentre innaffiava il giardino di casa. E non sono mancati momenti caldi fra i residenti e i giovanissimi migranti. Proprio come quello di sabato sera, con una spedizione punitiva di alcune decine di giovani contro i ragazzi del centro, forse per difendere l’automobilista, fuggito non si esclude con altre persone su un’utilitaria scura dopo aver ferito il diciassettenne. Gli amici dell’egiziano hanno organizzato la vendetta. Si sono armati di tutto punto: volevano trovare i romani, ma sono stati bloccati appena in tempo dalla polizia.
Presidio della polizia Timori di un’escalation di violenza e presidio della polizia. Il 17enne è già stato dimesso