Cosa ci rivela il cuore bianco (e così lontano) di Plutone
L’incontro ravvicinato dopo oltre 9 anni di volo La sonda New Horizons fotografa per mezz’ora l’astro e i suoi satelliti
Grazie al passaggio ravvicinato, dopo un viaggio di 9 anni e mezzo, della sonda New Horizons della Nasa, le prime immagini di Plutone, che mostrano una sorta di grande cuore sulla superficie, stanno già rivoluzionando i manuali di astronomia. Fotografati anche canyon e crateri della sua luna, Caronte.
Dopo un viaggio di nove anni e mezzo nello spazio, alle 13.49 di ieri la sonda spaziale New Horizons della Nasa ha compiuto un passaggio ravvicinato a 12.500 chilometri da Plutone. Il passaggio è durato mezz’ora, durante la quale la sonda, che volava a più di 50.000 km/h, dovrebbe aver scattato centinaia di fotografie a ritmo serrato, approfittando di quei pochi, preziosissimi minuti.
Il condizionale è d’obbligo, perché quando la sonda troverà il tempo di mandare un breve messaggio a casa per farci sapere che è sopravvissuta e sta bene, quel messaggio impiegherà 4 ore, 25 minuti e 37 secondi per coprire la distanza di 4,77 miliardi di chilometri che ci separa. Le foto, che hanno una risoluzione massima di 25 megapixel (sufficiente a distinguere oggetti delle dimensioni di un campo di calcio), impiegheranno più di un anno e mezzo per essere completamente «scaricate» sulla Terra. Le immagini verranno infatti trasmesse dalla sonda a una velocità ridicolmente bassa, da modem degli albori di internet: 1 o al massimo 2 kilobit per secondo. Ma quelle immagini stanno già rivoluzionando i manuali di astronomia. Per la prima volta, dopo 80 anni di dibattiti, è stato accertato il diametro di Plutone (2.370 km) e sono stati fotografati i canyon e i crateri della sua principale luna, Caronte.
New Horizons aveva già dato prova del suo talento fotografico durante il passaggio accanto a Giove, nel 2007, inviandoci immagini fantastiche del pianeta, dei suoi anelli e delle lune. È difficile aspettarsi foto altrettanto colorate da Plutone e dai suoi satelliti che portano nomi lugubri come Caronte, Kerberos, Styx. Ma saranno comunque immagini che faranno la felicità degli astronomi. Poi New Horizons proseguirà verso la Fascia di Kuiper, zona del sistema solare ricca di oggetti celesti composti principalmente da sostanze volatili congelate come ammoniaca, metano e acqua, che potrebbero diventare asset preziosi nel futuro dell’umanità, ammesso che l’esplorazione spaziale prosegua. Lo fa sperare il progetto in cui il viaggio della sonda s’inserisce: il programma dal nome tipicamente americano New Frontiers. Quelle lande neglette del sistema solare potrebbero ospitare le miniere del futuro, riconducendo Plutone al suo etimo greco Ploutos, ricco.
Plutone è sempre stata una meta trascurata dalle esplorazioni spaziali. Le missioni programmate per raggiungerlo finivano per essere cancellate. Finché nel ‘91 le poste statunitensi emisero una serie di fran- cobolli che mostravano i diversi pianeti del sistema solare e le sonde che li avevano esplorati: solo Plutone era raffigurato come una sfera senza dettagli e invece del nome di una missione aveva le parole «Not Yet Explored», inesplorato. Due scienziati, Robert Staehle e Stacy Weinstein, partirono da quel francobollo che giudicavano vergognoso per rilanciare l’idea di quella che, dopo svariate cancellazioni e rinvii, divenne la prima missione verso Plutone.
Nel frattempo, nel 2006 Plutone è stato declassato da pianeta a pianeta nano e poi a «plutoide» con la sigla 134340, non soddisfacendo uno dei tre criteri che l’Unione astronomica internazionale ha fissato perché un corpo celeste possa essere considerato pianeta. E la missione New Horizons è stata studiata lesinando persino sul peso del carburante a bordo, sull’onda dello slogan faster, better, cheaper. La forma della sonda, piuttosto brutta ma pratica, è stata descritta come «un’antenna parabolica incollata su un pianoforte a coda», strumento con cui la New Horizons ha in comune anche le dimensioni. Il costo della missione, dal lancio al 2016, sonda compresa, è di 650 milioni di dollari (la portaerei italiana Cavour, senza aerei, è costata 1,5 miliardi di euro, e 300 milioni di dollari fu il costo di produzione del film «Pirati dei caraibi: ai confini del mondo»). In compenso trasporta un «passeggero» d’eccezione: parte delle ceneri dell’astronomo Clyde Tombaugh, che nel 1930 scoprì Plutone. In suo onore il congresso dell’Illinois, suo stato natale, il 26 febbraio 2009 ha votato una legge che restituisce a Plutone lo status di pianeta.