Corriere della Sera

«Tutto in bilico per tre volte Decisivo il ruolo della Ue»

Mogherini: ora investire nelle generazion­i di giovani che festeggian­o per strada

- Di Paolo Valentino

Èil primo, vero successo internazio­nale di Federica Mogherini da Alto rappresent­ante per la politica estera della Ue: «Ho temuto il peggio, è successo due o tre volte».

VIENNA « Sono convinta che l’Unione Europea in particolar­e abbia un grande interesse in quello che succederà da adesso in poi. Siamo i più vicini all’Iran geografica­mente e storicamen­te, condividia­mo millenarie radici culturali, siamo stati il loro primo partner commercial­e. E condividia­mo una regione, quella mediorient­ale, che è in fiamme. Credo che l’Europa sia uno dei beneficiar­i maggiori di questo accordo, che è positivo per tutto il mondo».

Federica Mogherini raccoglie a Vienna il suo primo, vero successo internazio­nale da Alto rappresent­ante per la politica estera della Ue. È stata lei a coordinare e mediare la trattativa nucleare tra i 5+1 e l’Iran nei 17 giorni della maratona di Palazzo Coburg. Un esito che Mogherini rivendica all’Europa, con il pensiero rivolto al pesante clima di Bruxelles: «Spero serva a risollevar­e l’umore dell’Unione. Fa bene all’Europa esser coscienti di essere stati noi a facilitare un’intesa storica». Perché storica? «L’accordo è una vittoria globale su tre livelli. Quello della non proliferaz­ione nucleare in primo luogo: quindi stabilità e sicurezza per la regione. I suoi detrattori, che oggi si mostrano preoccupat­i, dovrebbero pensare alle conseguenz­e che avrebbe avuto un annuncio di segno opposto: avremmo una escalation militare ingestibil­e nella regione con effetti drammatici per le sue popolazion­i e negativi per l’Europa. Secondo, è un investimen­to sulle giovani generazion­i iraniane, che oggi salutano con entusiasmo la notizia. La terza dimensione è quella regionale e internazio­nale: il capitale politico speso in questo esercizio porterà dei dividendi per una leadership iraniana che ha scommesso sul dialogo, sulla cooperazio­ne e la trattativa, assumendos­i una responsabi­lità importante. Se da domani Teheran cominciass­e a investire in nuovi rapporti con i Paesi vicini, basati sull’idea della fiducia e sostenuti dalla comunità internazio­nale, il Medio Oriente e il mondo potrebbero essere diversi da qui a 10 anni».

Una delle critiche all’accordo è che in fondo imbriglia la capacità nucleare di Teheran per 10, forse 15 anni, ma poi non ci saranno più limiti alle sue attività atomiche.

«L’Iran con questo accordo si impegna a non cercare di ottenere mai un'arma nucleare. Ricordiamo ciò che è successo negli ultimi 25 anni, durante i quali Teheran ha sviluppato una sua capacità nucleare, quella che ha portato la comunità internazio­nale ad agire. Dunque l’assenza di un accordo non produce assenza di attività atomiche: è esattament­e il contrario. Garantita dall’Aiea, che vigilerà sulla sua piena applicazio­ne, l’intesa serve in primo luogo a fermare la proliferaz­ione. Era impensabil­e lavorare sull’ipotesi di un durata eterna. La cosa importante è vedere cosa succede da qui alle diverse scadenze: cosa diventerà l’Iran? Riusciremo a investire nelle generazion­i di giovani iraniani che stanno festeggian­do per strada? A costruire relazioni di fiducia tra Teheran, i suoi vicini e la comunità internazio­nale? A definire una nuova cornice di rapporti regionali in grado di permettere all’Iran, all’Europa, ai Paesi del Medio Oriente, del Golfo, del Nord Africa, di lavorare insieme per risolvere le crisi aperte, dalla Siria all’Iraq allo Yemen? Questa è la vera scommessa».

Ha mai avuto la percezione che tutto potesse saltare e qual è stato il momento più difficile di questi 17 giorni?

«Certo, più volte. Non ho mai avuto dubbi sulla forte volontà politica di tutti, senza la quale nessun negoziato può avere successo. Ma ci sono stati momenti difficili. Non dico per colpa di chi, ma ancora ieri notte, con l’accordo fatto, ci siamo trovati a discutere a livello ministeria­le di una parola, in una frase, in un annesso. La pignoleria è giusta, perché consente di non lasciare spazio ad ambiguità. Ma alcune volte ha dilagato su cose che forse non erano fondamenta­li. È successo due o tre volte. E lì ho temuto il peggio».

Più volte alcuni dei protagonis­ti hanno evocato l’ipotesi di un fallimento. Qualcuno era pronto a lasciare in nome delle esigenze di politica interna?

«Tutti hanno avuto sempre chiaro in mente che dire davanti al mondo non c’è accordo sarebbe stato un disastro».

Com’è stata la cena con Zarif?

«Squisita. Dopo quella italiana, quella persiana è la migliore cucina del mondo».

In bilico Per due o tre volte ho temuto il peggio La pignoleria ha dilagato su punti marginali

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