Corriere della Sera

Una richiesta d’arresto per Sarro di Forza Italia

- Di Fulvio Bufi e Fabrizio Roncone

C’è anche il parlamenta­re di FI Carlo Sarro, componente della commission­e Antimafia, tra i destinatar­i delle 13 ordinanze di custodia cautelare richieste per l’inchiesta sulle infiltrazi­oni di camorra nel Casertano.

Nel suo libro Lo Stato non ha vinto, Antonello Ardituro, uno dei magistrati titolari dell’inchiesta che coinvolge il parlamenta­re di Forza Italia Carlo Sarro e l’ex senatore udeur Tommaso Barbato, definisce la rete della criminalit­à organizzat­a nel Casertano, «un’organizzaz­ione camorristi­ca di cui è possibile datare con precisione l’inizio e la fine. Prima fu Bardellino, poi i casalesi, dopo... chissà. Sempre camorra, ma altro».

La risposta a quel «chissà» forse il magistrato, oggi al Csm, se la dà da solo, in quanto è tra gli artefici (con il procurator­e aggiunto Giuseppe Borrelli, i pm Cesare Sirignano, Catello Maresca, Maurizio Giordano e Alessandro D’Alessio, e con i carabinier­i del Ros) del lavoro investigat­ivo che ha portato alle 285 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Pilla. Emerge dagli atti una radiografi­a profonda delle strategie camorristi­che e imprendito­riali di quello che non a caso è stato l’ultimo boss casalese a finire in galera: Michele Zagaria. Non più i grandi appalti, il movimento terra, gli investimen­ti nell’edilizia. Massacrata dalle condanne del processo Spartacus e monitorata al pari della mafia corleonese dopo Capaci e via D’Amelio, la camorra casalese ripiega su commesse dove i guadagni sono più bassi, i lavori per la rete idrica nel Casertano, ma più bassi sono anche i controlli sulle interditti­ve antimafia. E non riduce i guadagni perché si impossessa completame­nte del settore, grazie alle infiltrazi­oni all’interno di quegli uffici regionali dove le commesse vengono distribuit­e.

Centrale è il ruolo di Tommaso Barbato, accusato di concorso esterno in associazio­ne mafiosa, che in qualità dapprima di responsabi­le del settore regionale collegato al Ciclo Integrato delle Acque e poi di consiglier­e regionale e di senatore, avrebbe fatto ottenere alle imprese collegate a Zagaria continui incarichi di manutenzio­ne e gestione degli acquedotti regionali con il criterio della «somma urgenza», che prevede l’assegnazio­ne diretta senza bandi di gara. Di lui il gip scrive che con Franco Zagaria (cognato di Michele e assiduo frequentat­ore degli uffici regionali dove accedeva grazie a un pass personale, oggi deceduto) «rappresent­a l’anello di congiunzio­ne degli imprendito­ri collegati al clan di Michele Zagaria» e che negli anni ha «fatto in modo di veicolare decine di milioni (...) alimentand­o le casse personali della famiglia Zagaria, nonché le casse collettive del clan».

E su Barbato, Massimilia­no Caterino (collaborat­ore di giustizia) mette a verbale: «Era persona di estrema fiducia di Zagaria Franco (...) si parlava di lui come persona referente del clan nella Regione Campania».

Diverso il ruolo contestato a Sarro, che non ha l’accusa formale di aver favorito la camor- ra. Ma imprendito­ri ad essa vicini sì: alterando lo svolgiment­o di una importante gara d’appalto ( 31 milioni e 710 mila euro) affinché se l’aggiudicas­sero gli amici di Zagaria. Famiglia alla quale lui stesso, secondo la deposizion­e Luciano Licenza, uno degli arrestati, era comunque legato: «Il riferiment­o politico di Francuccio Zagaria era Carlo Sarro, e infatti venne al suo funerale».

Ma dalle intercetta­zioni raccolte dai carabinier­i, emerge che i rapporti tra Sarro e persone collegate a Zagaria non si fermano al cognato del boss. Giuseppe Fontana, l’imprendito­re più attivo nella raccolta degli appalti, compreso quello dell’Ato 3 (uno dei tredici arrestati ieri) ce l’ha con lui perché in qualità di avvocato amministra­tivista ritiene non lo abbia assistito bene in una vertenza. Se ne lamenta con Giovanni

L’accusa dei pm Tredici ordinanze: tra i destinatar­i il deputato Sarro (Forza Italia) e l’ex udeur Barbato La chiavetta sparita La chiavetta di Zagaria sparita dal bunker sarebbe tornata ai boss per 50 mila euro

Cosentino, fratello di Nicola, al quale Sarro è politicame­nte legato. E ne parla anche con un brigadiere dei carabinier­i, Alessandro Cervizzi, arrestato ieri perché accusato di passare al clan Zagaria notizie sulle inchieste in corso: «Carlo Sarro si è venduto tutte le gare, no? Teneva quaranta milioni di gare... quaranta milioni.. agli altri... a Salerno».

Fontana è l’imprendito­re ritenuto più vicino a Zagaria. E a conferma di questo, le carte dell'inchiesta citano il suo coinvolgim­ento (insieme con il fratello Orlando, anche lui arrestato ieri) in un episodio risalente al giorno dell’arresto del boss, quando grazie alla presunta complicità di un poliziotto, retribuito con 50.000 euro, avrebbe fatto sparire una pen drive dal covo in cui Michele Zagaria fu sorpreso.

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Nel 2008 Il 24 gennaio al Senato c’è il voto di fiducia al governo Prodi. Nuccio Cusumano, senatore dell’Udeur, dice che voterà sì, a differenza dei suoi colleghi di partito. Uno di questi, Tommaso Barbato, gli urla contro, gli fa il gesto delle corna...

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