Da Carter a Bush, la lunga inimicizia fra il «Grande Satana» e gli Ayatollah
Il presidente Barack Obama, accompagnato dal suo vice Joe Biden, spiega l’accordo con l’Iran durante la conferenza stampa alla Casa Bianca ( premier iraniano Mohammad Mossadeq, «reo» di avere nazionalizzato il petrolio, né aveva perdonato allo scià l’alleanza con il «Grande Satana». Umiliando la Superpotenza, l’Ayatollah diede inizio a 35 anni di tensioni e di ostilità che scossero gli equilibri del Golfo Persico e del Medio Oriente, e tennero il mondo intero con il fiato sospeso. In questi 35 anni, mentre Washington scongelava i rapporti con Urss e Cina — ma non con Cuba né Corea del Nord — l’Iran assurse a nemico numero uno degli Usa, soprattutto dopo che minacciò la distruzione di Israele e si preparò al riarmo atomico.
La crisi rischiò di esplodere nell’85, quando gli Stati Uniti, che avevano incluso l’Iran nel libro nero degli Stati sponsor del terrorismo, gli fornirono di nascosto armi per la guerra contro l’Iraq in cambio della liberazione di alcuni ostaggi americani in mano ai terroristi in Libano. Lo scandalo Irangate — la Casa Bianca stornò i proventi della vendita di armi ai «contras», le forze anticomuniste in Nicaragua — costò quasi la presidenza a Reagan. Tre anni più tardi, sotto George Bush Sr., un terribile incidente, l’abbattimento di un aereo di linea iraniano con 290 persone a bordo da parte dell’incrociatore americano Vincennes nel Golfo Persico, fece temere un conflitto aperto.
La questione nucleare emerse negli Anni 90, ma ciononostante le relazioni tra i due Paesi segnarono un miglioramento. Nel ’ 98 il presidente Muhammad Khatami, un moderato, sollecitò «un dialogo tra i nostri due popoli», e nel 2000, a Washington, Bill Clinton reciprocò, revocando alcune delle sanzioni imposte contro l’Iran nel ’95. Nel gennaio del 2002, pochi mesi dopo la strage delle Torri gemelle di Manhattan per mano di Al Qaeda e l’inizio della guerra dello Afghanistan, George Bush Jr si scagliò contro «l’asse del male»: Iran, Iraq e Corea del Nord.
E’ probabile che quando verranno desecretati i dossier di Casa Bianca e Cia si avrà conferma che al principio del 2007 gli Stati Uniti furono in procinto di attaccare l’Iran. L’allora vicepresidente Richard Cheney lo caldeggiò pubblicamente, per impedire a Teheran di dotarsi dell’atomica e di «cancellare Israele dalla faccia della terra», come minacciato dal presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Non avvenne a causa dell’opposizione interna (Bush Jr non aveva più la maggioranza al Congresso) e di quella dell’Europa, delle resistenze del Consiglio di sicurezza dell’Onu, e del monito della Russia, che sperava e che spera tuttora che l’Iran rimanga nella sua sfera d’influenza. Ciò ha consentito ad Obama di temporeggiare fino alla elezione di Hassan Rohuani, nuovo presidente moderato in Iran. Nonostante le proteste di Israele, l’attuale presidente Obama ha perseguito l’accordo con Teheran con la stessa costanza con cui ha cercato quello con Cuba. Il Nobel per la Pace conferitogli nel 2009 fu certamente prematuro, ma non immeritato.