Obama pronto al veto per difendere il patto A Washington si profila un lungo scontro fra il presidente e il Congresso dominato dai repubblicani I candidati di destra accusano l’Amministrazione di essersi fatta prendere in giro dagli iraniani
Discutetene, finché volete, ma l’accordo con l’Iran non può essere bloccato. Barack Obama avvisa i repubblicani che controllano Senato e Camera dei rappresentanti: «Sono pronto a usare il mio potere di veto per rovesciare le decisioni del Congresso». Questa è la prima urgenza politica, la più immediata, il giorno dopo la conclusione dei negoziati a Vienna. A Washington tutto è già pronto per un altro lungo scontro tra il partito d’opposizione e il presidente americano. Le Camere avranno 60 giorni per esaminare il testo, potranno anche bocciarlo, ma a Obama basterà il sostegno di un terzo
L’annuncio dei senatori e di un terzo dei deputati per ribaltare le decisioni contrarie e spianare la via all’attuazione del «deal» con Teheran.
Sul Congresso si scaricheranno le pressioni domestiche e internazionali che ieri si sono manifestate con chiarezza. La rabbia del premier israeliano Benjamin Netanyahu sarà convogliata a Capitol Hill dalla lobby ebraica in larga parte vicina alle posizioni del governo di Tel Aviv. I candidati repubblicani alla presidenza, da Donald Trump a Scott Walker, accusano il presidente di essersi fatto prendere in giro dagli iraniani e di aver messo gli ayatollah nella condizione di poter finanziare tranquillamente il terrorismo con risorse copiose. L’Iran tornerebbe in possesso di circa 100 miliardi di dollari oggi congelati all’estero e non sarebbe più colpita dalle sanzioni economiche.
Obama ha condensato le risposte agli «scettici» di ogni provenienza con un passaggio chiave: «Senza accordo con l’Iran aumenta il rischio di avere ancora più guerre nel Medio Oriente». Il numero uno della Casa Bianca ha insistito sulle garanzie, sui controlli e sulle procedure trasparenti concordate: «Non stiamo puntando sulla fiducia, ma sui controlli. Il governo iraniano dovrà fare altri passi nello smantellamento della sua capacità nucleare, prima che Stati Uniti e Onu comincino a togliere le sanzioni».
Il presidente ha provato a non farsi risucchiare nella logica della campagna elettorale. Si è richiamato, e in qualche misura si è paragonato, a John Kennedy, citandolo: «Non dobbiamo mai negoziare perché abbiamo paura, ma non dobbiamo mai aver paura di negoziare». L’avversario di allora era l’Unione Sovietica, oggi è l’instabilità «nell’area più pericolosa del mondo». Secondo Obama può iniziare una fase di distensione nel Medio Oriente, con benefici per Israele e Arabia Saudita che ora si sentono minacciate. E forse si può rilanciare il dialogo con la Russia, almeno in quella regione.