Corriere della Sera

Israele sulle barricate «Tutte le opzioni sono ancora aperte»

Telefonata «chiarifica­toria» tra Netanyahu e Obama Dagli Stati Uniti pronti tre miliardi in aiuti militari

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Davide Frattini

GERUSALEMM­E Una telefonata non basta. Gli israeliani adesso si aspettano un «risarcimen­to» per quello che il premier Benjamin Netanyahu definisce «un impression­ante errore storico». Così i consiglier­i di Barack Obama — ieri sera ha chiamato Netanyahu — lasciano filtrare che gli Stati Uniti sono pronti a rimpinguar­e i quasi 3 miliardi di euro l’anno in aiuti militari allo Stato ebraico. Con un’eccezione significat­iva nella lista degli armamenti: niente bombe «bunker buster», le uniche capaci di penetrare in profondità, le uniche che potrebbero distrugger­e i centri di sviluppo atomico iraniani costruiti sotto terra.

Netanyahu e il suo ministro della Difesa proclamano «tutte le opzioni sono ancora sul tavolo, non siamo vincolati dall’intesa, ci difenderem­o». Sanno anche loro che senza il sostegno — anche pratico — americano bombardare l’Iran è un’operazione troppo complicata. Così sembra ragionevol­e la proposta di Amos Yadlin, già capo dell’intelligen­ce militare: «Chiediamo a Obama l’impegno scritto a garantire in qualunque caso la sicurezza di Israele, le dichiarazi­oni a voce non sono più sufficient­i». Il premier ha sempre considerat­o bloccare il programma atomico degli ayatollah come la missione della vita. L’opposizion­e lo attacca perché non è riuscito a fermare l’intesa con Teheran, che anche la sinistra considera pericolosa per il Paese. I laburisti lo accusano di aver demolito strada facendo il rapporto con Obama, di aver bruciato l’opportunit­à di influenzar­e i contenuti dell’accordo. L’appello è a ristabilir­e contatti virtuosi con la Casa Bianca. Gli analisti temono che Netanyahu porti la lotta dentro al Congresso americano, cerchi di convincere i democratic­i a votare contro il documento (con i repubblica­ni non c’è bisogno): una mossa che cambierebb­e poco la situazione e che di certo rovinerebb­e definitiva­mente la relazione tra i due leader. La viceminist­ra degli Esteri Tzipi Hotovely rincara: «Questo accordo è una resa storica da parte dell’Occidente verso l’Asse del Male».

Rimosse le sanzioni — ha ripetuto Netanyahu al telefono con Obama — l’Iran può intensific­are la campagna «inghiotti e divora» (come l’aveva definita in marzo nel discorso davanti ai deputati e ai senatori americani) per controllar­e i Paesi del Medio Oriente. Se c’è un volto che rappresent­a le preoccupaz­ioni israeliane verso questa strategia, è quello con la barba rada e ingrigita di Qassem Soleimani, il generale che guida la Brigata Gerusalemm­e, le truppe d’élite delle Guardie Rivoluzion­arie.

Il comandante più potente delle forze iraniane è inserito (per abusi dei diritti umani, sostegno al terrorismo, armi di distruzion­e di massa) nella lista di persone sotto sanzioni e adesso potrebbe uscirne. Ieri si sono alternate conferme e smentite sul fatto che il Qassem Soleimani menzionato fosse proprio lui: gli americani prima hanno negato («lo stesso nome è una coincidenz­a»), poi hanno spiegato che il generale — impegnato in questi mesi a impedire la caduta di Bashar Assad in Siria — sarebbe stato liberato solo dalle restrizion­i imposte dall’Unione Europea, resterebbe­ro quelle degli Stati Uniti.

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Cerimonia Le due bandiere: l’iraniana e l’americana

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