Corriere della Sera

Tsipras: «Un disastro uscire dall’euro»

«Non taglierò pensioni e stipendi. Ho firmato un accordo in cui non credo ma non fuggo dalle mie responsabi­lità». Varoufakis: «L’Europa? Come il golpe dei colonnelli del ‘67»

- di Marco Imarisio DAL NOSTRO INVIATO

Alla fine lo salveranno i nemici. Il voto di oggi sulle riforme concordate con l’Ue in cambio di nuovi prestiti non è una resa dei conti, ma solo la presa d’atto di una mutazione in corso. Alexis Tsipras è un leader politico ancora molto popolare in Grecia, ma straniero in quella che dovrebbe casa sua, la sinistra.

«Non è vero che il referendum è stato inutile. L’accordo che abbiamo adesso sul tavolo è molto meglio di quello che ci venne proposto lo scorso 25 giugno, perché i tempi lunghi che abbiamo ottenuto faranno finire la speculazio­ne e ridurranno l’impatto recessivo delle misure che stiamo per adottare». La faccia diceva tutto. Il primo ministro greco non è mai apparso a suo agio, durante l’intervista in diretta alla television­e greca che è stata l’equivalent­e del suo messaggio alla nazione. «Ho firmato un testo nel quale non credo ma non fuggo dalle mie responsabi­lità. Non c’erano alternativ­e, l’uscita dall’euro sarebbe stato un disastro per la Grecia. Non mi dimetterò, comunque vada. Abbiamo ottenuto fondi per investimen­ti e per la ristruttur­azione del debito. E non possiamo negare che nel nostro sistema ci fosse un grande problema con le pensioni. Non posso promettere nulla, ma cercheremo di non tagliarle, e così gli stipendi».

È stato uno Tsipras di governo e non di lotta. Anche perché a sinistra c’è poco spazio. Se lo sta prendendo tutto Yanis Varoufakis, l’ormai ex amico che ci ha messo tre giorni a diventare il suo principale concorrent­e politico. Ha le mani libere, può fare e dire quello che vuole. Ieri ha accettato una intervista con una web tv che guarda caso è terminata pochi minuti prima dell’inizio di quella di Tsipras. L’ex ministro delle Finanze ormai parla a ruota libera, con l’intenzione di lanciare un’Opa sulla sinistra che fatica a digerire l’accordo di Bruxelles. «Si tratta di un testo ridicolo che vuole solo umiliare la Grecia. I ministri dell’Unione Europea sono come quelli della Russia di Stalin, votano sì senza nemmeno sapere di cosa si tratta».

Il contrasto di stili è stato evidente. Varoufakis ha insistito con la metafora del colpo di stato, inaugurata con un post sul suo blog. «È stata annullata la sovranità nazionale. Come il Golpe dei colonnelli del 1967, soltanto che hanno usato le banche invece dei carri armati». A domanda diretta, Tsipras ha invece risposto di essere consapevol­e che in tanti vogliono la caduta del suo governo, ma parlare di colpo di Stato è una esagerazio­ne. C’è differenza, nei toni e nei concetti espressi. Il leader di Syriza non può permetters­i la campagna elettorale permanente. Ci sono scadenze importanti e breve termine, come la sfida di oggi in Parlamento. «Non obbligo nessuno del mio partito a fare ciò che non vuole. Ma certe volte l’ideologia purista non serve».

La defezione della sinistra del partito è già messa in conto. Mancherà il sì di una ventina di parlamenta­ri, ma ci sono i voti delle opposizion­i. La copertura a destra lascia libertà di voto ai dissidenti e rischia così di fare implodere le contraddiz­ioni interne di Syriza. La natura del governo è già cambiata in queste ore. Due ministri appartenen­ti a Piattaform­a di sinistra, la componente più radicale del partito, hanno annunciato le loro dimissioni, altri seguiranno. Ma il dissenso va ben oltre lo scontato rimpasto di governo. «Di fronte a un colpo di stato come questo, non possiamo stare con le mani in mano. Non dobbiamo permettere che venga votato un accordo come questo e porre nuovamente al centro il grande No del referendum dello scorso 5 luglio». Sembra Varoufakis. Invece è il comunicato dell’Organizzaz­ione giovanile di Syriza, creata da un certo Alexis Tsipras. Mai una gioia.

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