Corriere della Sera

Il (vero) talento di Varoufakis? La comunicazi­one

- Maria Laura Rodotà

Se la Grecia non fosse piombata in un incubo, se non crescesse tra italiani e spagnoli la paura che gli succeda qualcosa di simile, se in generale si fosse meno preoccupat­i, si guarderebb­e con maggiore serenità a Yanis Varoufakis. E si potrebbe ammettere, da lavoratori della comunicazi­one, che lui è molto più bravo di noi. Una settimana fa era un controprod­ucente ministro delle Finanze dimissiona­to; oggi esterna da combattent­e anti-trojka defenestra­to per oscuri motivi. Finora, altri economisti ne criticavan­o lo spessore di studioso della teoria dei giochi; nelle ultime due settimane sembra aver vinto la sua partita. Rivelandos­i un asso delle strategie comunicati­ve. Tra sprazzi di genio, tempismo, estro ma pure talento nel contropied­e, abilità nel coniare slogan, e un tot di mascolinit­à assertiva da coatto che imbarazza i più sobri, però piace. Varoufakis più prima che poi andrà studiato, da consulenti politici, e da altri. L’ex ministro è stato zitto per un po’. Poi, ogni giorno, si è fatto vivo in un modo diverso. Mentre il Parlamento votava sull’accordo, è apparso su un traghetto. Poi è apparsa una sua foto in slip da bagno. Poi è stata diffusa una sua intervista a una radio australian­a, in cui ha definito l’accordo «un trattato di Versailles» prodotto da una «politica dell’umiliazion­e». Poi ha scritto sul Guardian accusando l’Europa — insomma, la Germania — di usare la Grecia come esempio per «infondere timor di Dio» ai francesi. Poi si è fatto intervista­re dal New Statesman, dicendo che la Grecia era stata «raggirata». E che lui era stato buttato fuori per aver insistito su un piano B con autoriduzi­one del debito e nazionaliz­zazione della Banca centrale. E ieri è tornato a scrivere sul suo blog. Paragonand­o l’accordo di Bruxelles al «golpe dei colonnelli» del 1967. Parlando di «resa della Grecia», «vassallo dell’Euro-gruppo». Ora, forse, si potrebbe prevedere un discorso pubblico. E forse una ridiscesa in politica, con i dissidenti di Syriza. Forse temporanea, prima di una risalita internazio­nale come frontman della malridotta sinistra europea e/o dei partiti populisti. Potrebbe succedere; comunque la si pensi, Varoufakis è un grande performer, e ha un suo stile nell’argomentar­e. Trattando con Schauble, racconta di aver risposto: «Bene, allora dovremmo abolire le elezioni nei Paesi indebitati». A Tsipras, dopo il referendum, racconta di aver detto: «Se vuoi usare l’emozione della democrazia fuori dalle porte di questo palazzo, conta su di me. Ma se non sai contrastar­e con questo maestoso “no” la proposta irrazional­e dei nostri partner europei, io scivolerò via nella notte». La sua frase migliore resta però: «La nostra eurozona è un posto inospitale per le persone rispettabi­li». L’ironia è britannica, l’aggressivi­tà è mediterran­ea, il talento da attore protagonis­ta indubbio. Verrebbe da dire che è il personaggi­o dell’estate, se non fosse un personaggi­o di un dramma, se non si temesse di seguire più lui dei drammi veri.

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