Il fedelissimo di Cosentino che si occupa di mafia e giustizia
Chi controlla i controllori? La richiesta d’arresto per Carlo Sarro, accusato d’aver dato una mano alla fazione Zagaria della camorra casalese, è di quelle notizie che sembrano destinate a scavare l’ultimo fossato tra i cittadini e la politica. Deputato di Forza Italia, Sarro è vicepresidente della commissione Giustizia della Camera e, soprattutto, parlamentare di quell’Antimafia che, appena un mese e mezzo fa, ci spiegava chi fossero gli «impresentabili» da non votare alle Regionali. È vero che i berlusconiani della commissione si ritrassero dall’iniziativa della Bindi (divenuta poi un feroce regolamento di conti dentro il Pd), ma è altrettanto vero che un membro dell’Antimafia viene a contatto, per ruolo istituzionale, con dossier e verità delicatissime: se i giudici che indagano su di lui hanno ragione, difficile non vedere un paradosso sconcertante. Non l’unico. L’avvocato casertano — fraterno amico di Nicola Cosentino — è stato tra i diciassette firmatari del manifesto pro riforma istituzionale fatto girare in Parlamento da Denis Verdini: non avesse poi frenato per non rompere con Forza Italia, potremmo forse annoverarlo nei prossimi mesi tra i nostri nuovi padri costituenti. Intendiamoci. Le accuse della Procura antimafia a Sarro sono tutte da dimostrare. La prudenza è d’obbligo se si dice «stupito» perfino lo zar dell’anticorruzione Raffaele Cantone, che pure ne rilevò l’incompatibilità tra il seggio di parlamentare e la carica di commissario del consorzio Ato3 che gestisce il ciclo delle acque vesuviane. Premessa la presunzione d’innocenza, qualche data dovrebbe però pesare nelle valutazioni d’opportunità politica. Sarro entra all’Antimafia e diventa vicepresidente della commissione Giustizia proprio mentre il suo mentore politico, Cosentino, entra nel carcere di Secondigliano per camorra, gravato da tonnellate di verbali di
Le battaglie per i condoni Noto per le battaglie a favore del condono degli abusi edilizi e per l’emendamento per introdurre il quarto grado di giudizio
pentiti. Ha alle spalle battaglie per il condono d’ogni abuso edilizio («di necessità») in Campania e un emendamento per l’introduzione di una sorta di quarto grado di giudizio (sic). Sostiene che lo «stoico» Cosentino sia vittima di «evidente ingiustizia» e va a trovarlo in galera appena può: fedeltà encomiabile e opinioni legittime, certo. Ma è davvero necessario che un politico con un profilo simile maneggi i fascicoli della commissione Antimafia? Poiché il nostro Sud distilla veleni in modalità bipartisan, c’è poi nei guai con Sarro pure un grande — e decisivo — elettore del neogovernatore pd campano De Luca: Tommaso Barbato, famoso finora per lo sputo contro un collega del Senato; benché non eletto, col suo Campania Libera ha rastrellato alle Regionali 108 mila preferenze (con 67 mila De Luca ha battuto Caldoro). Gravato da sospetti mefitici in inchieste pregresse, sarebbe stato il diciassettesimo impresentabile della lista Bindi: finché una provvida manina l’ha depennato. Così almeno la raccontano le voci di dentro della Camera, mentre il fossato si fa sempre più profondo. E trasversale.