LA LEZIONE GRECA CREDERE NEI CONSIGLI ARRIVATI DA BRUXELLES
dovuto intervenire subito con un programma vincolante — da attuare sotto l’egida severa delle autorità dell’eurozona— che consentisse alla Grecia di continuare a crescere, ma in condizioni di stabilità finanziaria? Queste domande retoriche rivelano sia il deficit politico dell’eurozona, sia quello di analisi economica. Per intervenire vincolando severamente le autorità nazionali, soprattutto in condizioni in cui l’emergenza non è ancora impellente e così evitando il «troppo poco e troppo tardi», il governo dell’eurozona dovrebbe avere un mandato democratico di cui oggi è sprovvisto. Per farmi capire subito: lo Stato italiano può imporre alle sue Regioni e ai suoi Comuni un «patto di Stabilità interno» cui questi sono costretti a ubbidire perché il livello di sovranità democratica dello Stato è superiore.
Così però non è per l’Unione nei confronti degli Stati nazionali, né la gran parte di questi vogliono che così sia: l’Unione non può imporre ad uno Stato — se non è costretto a far ricorso ai programmi di emergenza cui la Grecia ora deve soggiacere — come regolare le sue pensioni e il suo sistema fiscale, per il semplice motivo che ciò non è previsto dai trattati e che le manca l’autorità democratica per farlo. Può fortemente «consigliarlo» ma non imporlo alla Spagna o all’Italia, e lo ha fatto; alla Germania neppure osa consigliare — anche se il problema è stato sollevato più volte- — di ridurre i suoi esorbitanti attivi commerciali mediante una politica di espansione interna, ciò che avvantaggerebbe non poco i paesi più deboli dell’Unione.
Siamo alle solite, alla mancanza di un’autorità politica a livello centrale cui i cittadini dei singoli Stati (e, per loro, i politici nazionali) siano disposti a prestare obbedienza in quanto ad essa riconoscono una sufficiente legittimità democratica. Da questa situazione siamo lontani: per ora l’eurozona sta insieme per convenienza e paura, paura che al proprio Paese possa succedere, se non ottempera alle regole e ai «consigli» delle autorità dell’eurozona, quel che sta succedendo oggi alla Grecia.
L’Unione Europea è un grande progetto democratico e geopolitico, ma è improbabile che possa evolvere verso uno Stato federale in tempi prevedibili. Ai Paesi che in quel progetto hanno creduto e credono, e sulla base del quale si sono avviati in un difficile processo di riforme interne, la convenienza di queste e il timore di rotture traumatiche se non vengono attuate dovrebbero essere motivi più che sufficienti per perseverare: nell’attuale contesto internazionale le riforme che essi hanno intrapreso sono quasi sempre vantaggiose di per se stesse, e dovrebbero essere attuate anche se non fossero «consigliate» dall’Unione. Non si tratta certo di una motivazione politicamente esaltante per andare avanti con L’Unione e l’eurozona come ora sono regolate e di fatto funzionano. Ma forse, per ora, può bastare: la crisi greca, provvisoriamente conclusa da un duro diktat, potrebbe avere nei suoi sviluppi effetti imprevedibili sull’Unione, anche positivi.