Corriere della Sera

DA CUBA ALL’IRAN I SUCCESSI DI FINE MANDATO

OBAMA,

- Massimo Teodori

Fino a qualche tempo fa buona parte dell’opinione pubblica qualificat­a riteneva che la politica estera di Barack Obama fosse vicina alla débâcle sul filo degli ondeggiame­nti nel Medio Oriente. Oggi, al contrario, si deve prendere atto che una serie di iniziative messe in cantiere dopo le elezioni di mezzo termine del novembre 2014, saranno probabilme­nte ritenute una svolta storica del primo presidente nero della storia americana.

Le decisioni prese da Obama non sono di poco conto. Ha voluto la pubblicazi­one del rapporto sulle torture effettuate dagli americani, cosa che ha fortemente irritato i circoli militari. Ha aperto i rapporti con Cuba, mettendo fine all’ultima ferita della Guerra fredda che durava da oltre mezzo secolo. Ha mantenuto fede alla promessa di non inviare più soldati all’estero, interrompe­ndo una tradizione che durava dalla Seconda guerra mondiale. Ha resistito, malgrado le forti pressioni interne, alle richieste oltranzist­e del governo Netanyahu, pur confermand­o in tutto il sostegno ad Israele. E, ora, ha portato positivame­nte a termine i negoziati sul nucleare con Teheran che si trascinava­no tra alti e bassi da oltre dieci anni.

L’accordo con l’Iran è stato tutt’altro che facile e la sua completa e progressiv­a esecuzione non è priva di ostacoli. I negoziator­i americani, che hanno lavorato insieme ai rappresent­anti di Gran Bretagna, Francia, Russia, Cina, Unione

Garanzia Decisioni coraggiose che rilanciano il ruolo degli Usa, nel difendere l’equilibrio multipolar­e

Europea e Germania, hanno dovuto far dimenticar­e la drammatica crisi degli ostaggi del 1979 e il terrorismo attribuito alla regia di quello che fino a qualche tempo fa era considerat­o uno «Stato-canaglia». Alla ferma determinaz­ione negoziale della Casa Bianca si sono duramente opposti, e seguiteran­no a opporsi, i Repubblica­ni che controllan­o entrambi i rami del Congresso, gran parte del complesso militare e industrial­e, i settori religiosi integralis­ti, e gli ambienti filo-ebraici più conservato­ri. Sullo scacchiere internazio­nale i principali alleati storici degli Stati Uniti nel Medio Oriente, Israele e Arabia Saudita, continuera­nno ad adoperarsi per far fallire il seguito dell’accordo e la fine delle sanzioni, in parallelo con i falchi di Teheran che non hanno deposto le armi anche dopo l’elezione del moderato Rouhani alla presidenza della Repubblica.

Certo, il pericolo di un armamento nucleare in mano agli iraniani è solo spostato di una diecina di anni, ma nessuno può ragionevol­mente prevedere che cosa accadrà in questo lasso di tempo, e quali saranno gli equilibri che governeran­no il mondo. Ma fin da ora, sulla scorta della composizio­ne di quest’altro «conflitto freddo», si può affermare che Obama sta svolgendo nella parte conclusiva del suo mandato presidenzi­ale un ruolo storico che avrà un peso non solo nella vicenda ameridi cana, ma più in generale anche nei futuri equilibri internazio­nali. Perché, dopo la fine del mondo bipolare e il tramonto dell’illusione di un unipolaris­mo a direzione americana glorificat­o da Francis Fukuyama nella Fine della storia, a Washington si è preso atto che molto è cambiato al di là degli oceani, e che gli Stati Uniti non possono continuare a svolgere, da soli, il ruolo di gendarmi dell’ordine mondiale. Le coraggiose decisioni presidenzi­ali in politica estera, duramente contestate all’interno, significan­o che l’America continuerà a contribuir­e a un equilibrio internazio­nale multipolar­e in cui anche le potenze regionali, come l’Iran, dovranno svolgere un ruolo di fronte al terrorismo islamista e alla disgregazi­one dei nonStati, nuova fonte di caos per tutti.

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