Padoan a Bruxelles, missione «bad bank»
Va avanti il negoziato con la Ue sulla creazione del veicolo per gestire i crediti a rischio Le norme sulle agevolazioni fiscali. L’Europa: bene la riforma delle banche popolari
L’Italia comincia a incassare in Europa il credito politico prodotto dalle riforme nel settore bancario e aggiunge un tassello nella discussione per la creazione di una «bad bank» di sistema per i crediti deteriorati delle banche, che potrebbe vedere la luce in sei mesi. Ieri il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha incontrato prima dell’Ecofin i tre commissari interessati: Margrethe Vestager (Concorrenza), Jonathan Hill (Affari finanziari) e Valdis Dombrovskis (vicepresidente con delega all’euro). L’obiettivo è costruire un consenso di base sulle vie da seguire per rendere credibile e praticabile la «bad bank».
Non è il primo confronto a quattro, osservano al ministero dell’Economia, sottolineando che comincia a passare l’idea che si tratti di un problema macroeconomico, non solo di regole della concorrenza. In questo senso, l’Italia apprezza la «lucidità» di Dombrovskis. Il cuore della questione, come spiegato in più occasioni anche dal governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, è che le sofferenze (circa 200 miliardi di euro) richiedono accantonamenti e dunque finiscono per immobilizzare buona parte dell’attivo delle banche e frenare l’erogazione del credito all’economia. I big, come Unicredit e Intesa Sanpaolo, hanno già provveduto a farsi la loro «bad bank», il problema rimane per gli istituti più piccoli.
Il via libera da parte della Commissione Ue a una «bad bank » italiana però non è scontato, nemmeno tenuto conto di questa situazione. Fin da quando si è cominciato a parlarne, Bruxelles ha messo in guardia il nostro Paese sul rischio che la creazione di una «bad bank» che contempli l’intervento del governo possa essere sanzionata come aiuto di Stato. Del resto si tratterebbe del primo caso di «bad bank» a partecipazione statale in un Paese che non è sotto programma di aiuti e soprattutto non legata a banche insolventi, com’è stato invece ad esempio per la «bad bank» spagnola o irlandese. È per questo quindi che è più complessa la costruzione del veicolo italiano.
Il ministro Padoan ha spiegato ai Commissari i progressi fatti nel settore bancario, sulla linea delle raccomandazioni della Commissione Ue all’Italia: la riforma delle popolari, quella delle fondazioni, quella del 23 giugno scorso sui crediti deteriorati, che ne accelera il recupero e stabilisce un nuovo trattamento fiscale dei crediti svalutati da parte delle banche (dal 2015 è possibile dedurli nell’anno stesso, così non si creano crediti fiscali che comportano una distorsione della concorrenza). Quest’ultimo provvedimento va nella direzione di aiutare la creazione in Italia di un mercato dei crediti deteriorati, in assenza del quale la «bad bank» ha bisogno di una garanzia pubblica o di un intervento dello Stato. Qualcosa comincia a muoversi anche tra i privati, come rivelano le mosse nei mesi scorsi del fondo Usa Forteress, che attraverso la controllata Italfondiario ha siglato un accordo con Bnl-Bnp Paribas per la gestione di alcuni portafogli di «sofferenze».