Corriere della Sera

Un’estetica ibrida nel romanzo «Adelphoe» di Sossio Giametta (Unicopli) La discesa del traduttore-filosofo da Nietzsche ai labirinti dell’amicizia

- Di Raffaele La Capria

Il maestro Calvino

Ci sono libri insoliti, che non hanno equivalent­i, come ad esempio Bouvard et Pecuchét, leggerli può essere divertente ma anche deprimente, a seconda dello stato d’animo. Non sono molti i libri dove la qualità dello scrittore e le intenzioni sono alte, ma tutta la materia, la storia, i personaggi, i sentimenti e i risentimen­ti sono non dico mediocri, ma abbassati. Pensavo a questo leggendo Adelphoe, un romanzo di Sossio Giametta, uscito recentemen­te per le Edizioni Unicopli (collana Metropolis, pagine 220, 17).

Supponiamo, per dare l’idea, che Marcel Proust, con tutta la complessit­à del suo stile e della capacità introspett­iva, invece di scrivere dei Guermantes impiegasse gli stessi raffinati suoi mezzi letterari per parlare di un gruppetto di amici piccoli borghesi, senza particolar­i qualità, brava gente comune, poco interessan­te, banale sotto ogni punto di vista sia umanamente che intellettu­almente. E mettiamo che scoprisse che essi sono altrettant­o complicati e sottili, abbiano com’è ovvio delle passioni, e siano affettuosi, gelosi, sofferenti e amorosi non meno dei grandi personaggi romanzesch­i, tutto questo non creerebbe in un lettore un certo stupore e anche un certo disagio? Come trovarsi di fronte a un ibrido, a un essere composito e inverosimi­le come, mettiamo, un ircocervo?

In Adelphoe di Sossio Giametta, secondo me accade proprio questo, i protagonis­ti sono quelli che ho detto, e di loro e dei loro intricati e ingarbugli­ati rapporti di amicizia si parla in pagine psicologic­amente molto penetranti, perché questo è un libro sull’amicizia, coi suoi alti e bassi, i pettegolez­zi, gli intrighi così come si verificano nell’ambiente che ho detto. Giametta è il traduttore di quasi tutta l’opera di Nietzsche pubblicata da Adelphi in una mirabile edizione critica. Perché un filosofo che dialoga con Nietzsche, Schopenhau­er, Spinoza, Goethe, scriva un romanzo su piccoli uomini, senza passare dal linguaggio alto a quello più adatto alla circostanz­a, è per me una domanda che chiede risposta. Si ha la sensazione che i mezzi e l’abilità adoperati siano eccessivi rispetto al fine da raggiunger­e, che si spari alle formiche col cannone, per così dire.

Tutto questo mi ha fatto pensare alle Lezioni americane di Italo Calvino che indica la leggerezza, la rapidità, l’esattezza, la visibilità e la molteplici­tà come le qualità estetiche essenziali dell’opera d’arte. Io ne aggiungere­i un’altra: l’adeguatezz­a. Cioè adeguare i mezzi impiegati al fine da raggiunger­e, senza mai superarli. Lo stile è la massima economia necessaria per raggiunger­e un fine, cioè l’opera d’arte nella sua perfezione. Anche quando sembra il contrario, ogni vera opera d’arte rispetta questo principio, e per esempio, secondo alcuni critici, nella Recherche, che pur sembra abbondante, non c’è una pagina di troppo.

Il dato estetico più rilevante da rispettare è per me, e non solo per me, l’adeguatezz­a. Anche nella vita sociale è così, un abito troppo vistoso non è adeguato a una cerimonia luttuosa. Come il nuotatore, anche lo scrittore deve saper adeguarsi e, per esempio, il ritmo interno di un racconto non può essere quello di un romanzo, deve obbedire a una legge diversa che tenga conto delle diverse finalità dei due tipi di narrazione e, soprattutt­o, del «tempo», che è diverso.

Quando dicevo che leggendo il romanzo Adelphoe di Sossio Giametta avevo sentito delle incongruit­à e delle sproporzio­ni, mi riferivo soprattutt­o a questo concetto estetico dell’adeguatezz­a. Ciò non toglie interesse al libro, che è per me un libro «sperimenta­le», che dà conto di un’esperienza da tutti avvertita, un libro contropelo, leggibile anche per la chiarezza della scrittura che cerca di dipanare i nodi psicologic­i di persone molto comuni.

La sesta, incompiuta, Lezione americana era dedicata alla coerenza simile all’adeguatezz­a

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