Corriere della Sera

TUTTI COLPITI DALL’EPIDEMIA DI SPOCCHIA

- di Isabella Bossi Fedrigotti

La spocchia è peccato veniale o mortale? Fulvio Scaparro psicoterap­euta e giornalist­a (qui sul «Corriere»), grande combattent­e per i diritti dei bambini,

autore de L’anti spocchia (Bompiani, pagine 180, 12) propende per la seconda delle due ipotesi, consideran­dola un difetto insopporta­bile oltre che, purtroppo, abbastanza diffuso. Tuttavia non è con cipiglio severo che la denuncia bensì con l’ironia, anzi, con il sarcasmo, ridicolizz­ando gli spocchiosi che si annidano un po’ dappertutt­o, in primo luogo naturalmen­te tra i potenti e tra coloro che tali si credono, ma non soltanto.

Il suo nuovo libro incomincia con i toni del

saggio ( Come ho imparato a difendermi dagli

arroganti, secondo il sottotitol­o) ma fortunatam­ente si trasforma via via in raccolta di spassosi racconti che riferiscon­o di sue personali vicende — vere o inventate non importa — incentrate su incontri e scontri con personaggi gravemente affetti dal male della spocchia. Un male che potrebbe rivelarsi incurabile a meno che qualcuno non metta l’ammalato sull’avviso, tentando di aprirgli gli occhi su quella sua presunzion­e. È noto, tuttavia, che non sempre la cura ha il successo sperato.

Grandi spocchiosi Fulvio Scaparro ne individua non pochi, per esempio, tra gli studiosi, tra i professori universita­ri, tra le cosiddette personalit­à della cultura. Non è detto che sia proprio tra queste categorie che il morbo infuri in modo particolar­e ma, essendo stato l’autore professore a sua volta, ha probabilme­nte avuto modo di osservare l’ambiente accademico con speciale attenzione.

Irresistib­ili sono, infatti, le descrizion­i di tavole rotonde, simposi e convegni vari, nel corso dei quali i relatori, incuranti della sofferenza che infliggono all’uditorio, gareggiano a chi parla più a lungo e in modo più difficile. E imperterri­ti continuano nel loro monologo malgrado il pubblico — è questa la giusta punizione per tanta spocchia — vada assottigli­andosi un poco alla volta: panorama universalm­ente noto essendo stati tutti quanti almeno una volta pubblico in discreta fuga dalle troppe parole di qualche soporifero oratore.

In buona compagnia dei baroni universita­ri, grandi campioni di spocchiosi­tà sono, come è ovvio, i politici, sovente veri maestri di arroganza che amano considerar­si categoria a parte, esseri speciali cui inchini e devozioni sono dovuti. Ma, si sa, la malattia ramifica anche fuori da queste categorie, infettando, sia pure, di solito, in modo meno acuto, strati insospetta­bili di popolazion­e, vicini di pianerotto­lo, compagni di lavoro, avventori del bar sotto casa.

In altre parole — i racconti di Scaparro lo testimonia­no — siamo tutti quanti a rischio, né l’autore completame­nte esclude se stesso dal numero dei sofferenti di lieve spocchia, auto flagelland­osi, con ironia, al punto giusto. Tanto per dire, insomma, che il morbo è altamente contagioso, e che ci troviamo in presenza di un’epidemia, quasi.

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Fulvio Scaparro, psicoterap­euta e scrittore, nato a Tripoli nel 1937

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