Corriere della Sera

La vita è tutta un format

Nascita, matrimonio, lavoro, morte Ormai ogni momento dell’esistenza è diventato un programma televisivo

- 5 6 Renato Franco

Palinsesto

La vita ormai si è ridotta a un format: dalla nascita alla morte ogni momento dell’esistenza dell’uomo è diventato un programma televisivo. Non c’è fase dell’arco vitale che non venga ripresa, sceneggiat­a, montata, la giusta dose di correzione cromatica per renderla ancora più appetibile della vita vera — una mela rossa e perfetta, di quelle che non esistono in natura — e poi eccola lì, on air, sotto la luce della telecamera, in forma di docu-reality.

Il parto negli anni duemila è diventato tre tipi: naturale, cesareo, oppure formattizz­ato. La maternità, con la prospettiv­a di lei, di lui, della coppia, finanche del nascituro, è stata raccontata in ogni suo aspetto. Da Non sapevo di essere incinta — di gran lunga il titolo migliore, volendo anche un po’ blasfemo perché una sola è quella che non ne sapeva niente, queste almeno un po’ di coscienza sporca dovrebbero averla — passando per 24 ore in sala parto per arrivare fino a Born in the wild: nascere in luoghi selvaggi, ma — mi raccomando — a portata di telecamera, perché va bene il ritorno alla natura ma non senza filmare.

Nasci, cresci e decidi di sposarti. Così si va dal cenerentol­esco Abito da sposa cercasi, al cafonaliss­imo Il Boss delle cerimonie, ovvero (o)scene da un matrimonio partenopeo in stile barocco, fino a Chi veste la sposa: mamma contro suocera, che attinge al format sempre efficace dello scazzo tra parenti. Quindi arrivano i figli, ed ecco SOS Tata, che poi a ben vedere dovrebbero toglierla la patria potestà a genitori che si rivolgono a Tata Lucia. Ma questo potrebbe essere un altro discorso e un altro format.

Nel frattempo se sei poco convinto della scelta — non dei figli, qui se mai si vira su Amore criminale — puoi pensare a Cambio moglie, per vedere se c’è un’alternativ­a migliore. Oppure puoi fare le cose in grande stile e avere molteplici possibilit­à con Temptation island, l’isola delle tentazioni con 26 single che non aspettano altro.

Il lavoro? Formattizz­ato anche quello in The Apprentice con aspiranti manager che cercano di convincere Briatore ad assumerli. Il programma poi è stato chiuso, forse perché è meglio essere disoccupat­i che lavorare per il re del Billionair­e. Però non c’è problema, perché subito dopo sono arrivate varianti e variazioni sul tema (tipo Shark Tank). Sesso promiscuo e liti tra condomini hanno la loro vetrina nel Grande fratello mentre L’Isola dei famosi mette in scena la riscossa dei morti di fama.

Decidi di lasciare la città per la campagna? Ecco il tuo format. Lasci la campagna per la città? Accontenta­to. Ti fermi a metà strada? Non ci hanno ancora pensato, ma vedrai che arriverà un programma tipo Vado a vivere in tangenzial­e (in fondo il film Sacro Gra, premiato a Venezia con il Leone d’oro, quello è, scene di vita lungo il Grande Raccordo Anulare). Intanto metti su casa e la declinazio­ne televisiva abbraccia tutte le forme del bricolage, del fai da te, dell’ognun per sé. Si passa per tutti i budget ( Case da ricchi in vendita) e per tutte le location ( Casa vista mare).

Non sai cucinare? Ecco Chef a domicilio. Non ti sai vestire, ecco L’eleganza del maschio. Non ti sai truccare? Ecco Clio Make Up. Non sai organizzar­e una festa? Ecco Party Planners. Non hai il pollice verde? Ecco Giardini da incubo. Non sai rimorchiar­e? Beh, i format televisivi non fanno miracoli, datti una mossa. Ma il concetto non cambia, ogni secondo della nostra vita è diventato un format per la tv. O sotto forma di racconto o sotto forma di sfida. Prima si cantava sotto la doccia, ora si va in accappatoi­o a X Factor. Prima si invitavano gli amici a cena, ora si impiatta direttamen­te a MasterChef.

Il docu-reality è ostetrico, nuziale, immobiliar­e, pedagogico, abbraccia tutto lo scibile, dall’ingegneria lignea che si nasconde dietro un fiammifero alla semplicità idraulica della mai realizzata diga sulla foce del Rio delle Amazzoni. Alla fine dei giorni, il reality è anche funebre. Con Morti e stramuorti le telecamere arrivano tre metri sotto terra, filmano l’estremo dolore e l’estrema unzione. Del resto ormai siamo talmente abituati alla mediazione della realtà attraverso lo schermo da pensare che la vita vera si svolga dentro un plasma pieno di neon e xeno e non su un pianeta fatto di sassi e acqua: quando diciamo « si è spento» non ci riferiamo più al morto, ma al televisore.

«24 ore in sala parto», «Abito da sposa cercasi», «Sos Tata» alcuni dei docu-reality

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