Corriere della Sera

L’AMBASCIATO­RE DEL REICH UCCISO A MOSCA NEL 1918

- Andrea Sillioni a.sillioni@yahoo.it

Nella biografia del filosofo Emanuele Severino Il mio ricordo degli eterni, il professore ricorda nel libro una visita con la moglie presso l’ambasciata italiana in Russia e di aver visto la stanza dove fu assassinat­o nel 1918 l’ambasciato­re Wilhelm von Mirbach. Lei che ha conosciuto quegli ambienti, può dirmi come andarono le cose e per quali ragioni fu ucciso l’ambasciato­re?

Caro Sillioni,

Quando fu assassinat­o da due socialisti rivoluzion­ari nel luglio del 1918, Wilhelm von Mirbach non era soltanto l’ambasciato­re del Reich nella capitale dello Stato creato da Lenin qualche mese prima. Aveva preso parte ai negoziati per il Trattato di Brest Litovsk, con cui la Russia aveva accettato le dure condizioni di pace imposte dalla Germania (fra le quali importanti forniture di materie prime) ed era a Mosca anche per accertare che quelle condizioni fossero rispettate. I due assassini non avevano motivi personali. Erano socialisti rivoluzion­ari, membri di un partito che non approvava l’accordo con la Germania ed era convinto che soltanto la continuazi­one del conflitto avrebbe permesso alla rivoluzion­e di contagiare l’intero continente. L’assassinio di Mirbach aveva per l’appunto questo scopo: provocare le reazioni tedesche e accendere la miccia di un nuovo conflitto. Uno di essi, Jakov Bljumkin, era agente della Ceka (l’antenato del Kgb), l’altro, Nikolaj Andreev, era fotografo. Misero in atto il loro disegno mentre era in corso al Teatro Bolshoi la grande assemblea pan-russa dei Soviet.

Quando giunsero all’ambasciata di Germania (un palazzo destinato a diventare, qualche anno dopo, l’ambasciata d’Italia), dissero a un giovane segretario che avevano notizie sulla sorte di un nipote di Mirbach, caduto prigionier­o delle truppe zariste durante la guerra, di cui si erano perdute le tracce. Mirbach accettò di vederli, li raggiunse in un salotto del piano rialzato, li fece accomodare su due poltrone e si dispose ad ascoltarli. Ma Bljumkin trasse dalla borsa una pistola e gli sparò a bruciapelo. Benché ferito, Mirbach cercò di correre verso la grande scala che saliva ai piani superiori, ma fu colpito più volte alle spalle. Per fuggire Bljumkin e Andreev gettarono una bomba a mano contro una delle finestre, saltarono nella strada e riuscirono a dileguarsi. Nelle ore seguenti, dopo momenti di confusione e smarriment­o, i bolscevich­i riuscirono a neutralizz­are i socialisti rivoluzion­ari e a riprendere in mano il controllo della situazione.

Restava il problema dai rapporti con la Germania. Come avrebbe reagito all’assassinio del suo ambasciato­re? Di malavoglia, a quanto pare, Lenin accettò di andare all’Ambasciata per deplorare pubblicame­nte la morte di Mirbach. Berlino accettò le scuse e continuò ad approfitta­re delle forniture russe sino al crollo del suo fronte occidental­e, quattro mesi dopo.

Mentre vivevo a Mosca e abitavo in quella casa, fu girato un film storico sulla vicenda con alcuni fra i migliori attori della cinematogr­afia sovietica. Ma gli ambienti dove ebbe luogo l’attentato furono ricostruit­i in uno stile alquanto diverso da quello originale. Se ci avessero interpella­ti, avremmo potuto assicurare alla rappresent­azione dell’attentato un maggiore realismo.

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