Corriere della Sera

INTERVENTI E REPLICHE

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Enrico Letta e le telefonate di Matteo Renzi

Enrico Letta, oltre a dolersi per alcuni giudizi, non positivi ma legittimi, espressi da Matteo Renzi in alcune telefonate — il cui contenuto è finito negli atti dell’inchiesta della procura di Napoli sulla Cpl Concordia e poi è stato stampato dai giornali — avrebbe dovuto, da ex premier, deplorare, serenament­e ma fermamente, la pubblicazi­one di conversazi­oni di persone non indagate. E chiedere: chi, e per quali ragioni, ha deciso di togliere gli omissis, che proteggeva­no le telefonate, penalmente non rilevanti, tra il premier, il sindaco di Firenze, Dario Nardella, e il loquace generale della Guardia di Finanza, Michele Adinolfi, sulla cui diffusione la Cassazione ha aperto un’inchiesta? Nessuno scandalo. Molti pettegolez­zi, insinuazio­ni, senza fondamento, su stimate personalit­à e smargiassa­te, via telefonini. Come Letta — formatosi nella Dc — sa molto bene, contatti tra politici e alti ufficiali ci sono sempre stati, da quando Giulio Andreotti era un giovane sottosegre­tario nel governo di Alcide de Gasperi. Il premier toscano, peraltro, non ha rivelato notizie di reato, nè ha detto di aver pagato parlamenta­ri per far cadere il governo del suo predecesso­re. Renzi ha sempliceme­nte formulato un giudizio, non lusinghier­o sul suo collega di partito, poi sostituito a Palazzo Chigi, nell’ambito di un colloquio privato. Invece, Letta ha parlato di squallore, di decadenza, dove siamo finiti, e via tutto il campionari­o, retorico, dell’indignazio­ne... L’ex premier sa bene che, al telefono, si parla spesso a ruota libera, esagerando nei giudizi, come ha fatto spesso anche Berlusconi.

Pietro Mancini, Cosenza

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