In ricordo di Emanuela, l’agente di scorta di Borsellino
Quando, come ogni estate, i palinsesti delle tv maggiori si fermano, l’occasione è buona per scoprire qualche spunto nell’offerta dei canali tematici del digitale terrestre. L’altra sera, su Rai Storia, è andato in onda un documentario importante, «All’altezza degli occhi: la vita delle donne delle scorte», che ha raccontato un periodo cruciale della storia nazionale scegliendo un punto di vista inedito (lunedì, 21.30).
Nella settimana dell’anniversario dell’attentato di via D’Amelio, che nell’ambito di una sanguinosa «guerra di mafia» colpì il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta, è stato ricostruito il percorso che ha portato agenti donne a entrare nella divisione speciale che si occupa della protezione delle più alte cariche dello Stato, soprattutto dei magistrati in prima linea contro la criminalità organizzata.
In via D’Amelio perse la vita l’agente Emanuela Loi, di soli ventiquattro anni, la prima donna a morire in servizio nelle forze dell’ordine: è stato giusto ricordarla nel documentario (realizzato in collaborazione con la Polizia di Stato e con un’introduzione del procuratore nazionale Antimafia Franco Roberti), anche attraverso il racconto toccante di una sua collega che accorse sul luogo della strage «quando le macchine ancora fumavano». «All’altezza degli occhi» ha poi tratteggiato molti altri interessanti ritratti di donne agenti, a cui il coraggio non è solo necessario per fronteggiare i pericoli del mestiere, ma anche per conciliare lavoro e famiglia. Per i suoi toni d’impegno civile, il documentario avrebbe potuto essere una puntata dell’inchiesta Rai degli anni 60, «La donna che lavora», quando Ugo Zatterin, con un neanche troppo velato mandato da parte del governo in carica, compì un viaggio in Italia, da nord a sud, alla scoperta della condizione femminile sui luoghi di lavoro, dalle risaie alla fabbrica, alle professioni a più alta specializzazione.