Corriere della Sera

I ladri erano già stati lì tre volte «Qui vivono tutti nel terrore»

- di Virginia Piccolillo

«Avevamo scherzato questa mattina sul caldo. Lui vestiva sempre in camicia, gli ho detto; “Ti dovrai mettere un maglione”. E lui: “Sì, il cappotto”. Rideva, era sempre di buon umore » . L’ultimo caffè del mattino, Giancarlo Nocchia lo aveva preso con Dante, che vende bijoux su via Paolo Emilio. Come ogni mattino, al bar degli Ottaviani. A scambiarsi battute sulla Lazio e la Roma (sua squadra del cuore). Colleghi, amici di sempre, semplici conoscenti, tutti ieri lo descriveva­no come una «persona per bene»: gentile, a posto, educato, che non avrebbe mai risposto a un’aggression­e al punto di scatenare violenza. «ne aveva già avute tre di rapine, non aveva mai reagito» si disperava ieri la sorella. E il cognato si chiedeva: «Perché?».

Uno sgomento che è passato di volto in volto ieri, nel quartiere benestante della capitale, pieno di vip e studi legali, a due passi dal Tribunale, dalla Corte di Cassazione e dal commissari­ato di polizia. Ma un quartiere che si sente sempre più insicuro. «Qui vivono nel terrore» confida riservatam­ente un vigili urbano: «Sono aumentati i senza fissa dimora, clandestin­i di tutte le provenienz­e, quelli che arrivano dagli sgomberi di Monte Mario ed è sparita la presenza di polizia e carabinier­i, messi a vigilare le sedi istituzion­ali. Invece il ministro dell’Interno, dovrebbe mandarli qui, in borghese». Un collega annuisce: «Qui c’è di tutto. Io faccio questo lavoro da 40 anni, ma sono nonno, a volte ho paura anch’io». L’altro riprende: «Una volta ho fermato un clandestin­o etiope che aveva rubato un motorino, con precedenti per stupro, tutte le mattine lo rivedo e mi guarda con scherno. Le espulsioni devono essere fatte senza appello. E poi le luci sono troppo basse».

«È vero — conferma una tassista —. L’altro giorno via Germanico era proprio spenta. Ieri corso Vittorio. Ma cos’è un modo per risparmiar­e sulla pelle dei cittadini? E la sicurezza?». All’angolo di via dei Gracchi, con gli occhi fissi verso la gioielleri­a, Alessandra, 29 anni, fisico da modella, scuote i capelli biondi: «A me è capitato a settembre. Qui su via degli Scipioni. Mi ha sbattuto al muro. Mi ha trascinata per quattro metri. Una mano sulla bocca. Non era una rapina: credo volesse violentarm­i. Sono riuscita a morderlo. E ho urlato. È scappato. Non l’hanno ancora preso. Da allora tanti mi raccontano furti, rolex strappati, un altro gioiellier­e rapinato». Lei una spiegazion­e ce l’ha: «Sono aumentati troppo gli immigrati». Un’accusa che può essere scambiata per razzismo? «Allora scriva così: da penalista constato che qui è pieno di zingari». Francesco, 27 anni, impiegato, si avvicina per stringerle la mano con orgoglio: «Non c’è da chiedersi se Prati è diventato un quartiere insicuro, ma se esiste una zona sicura con loro. E non è razzismo».

Alla cassiera del Pam adiacente al negozio di Nocchia, la pistola alla nuca gliel’ha puntata un italiano. Ne è sicuro Dario, gastronomo in quel supermarke­t, dove il gioiellier­e andava quotidiana­mente a comprare il pane: «L’accento era “romanaccio”». Mentre qualche mese fa era stata una coppia di stranieri. «A ora di pranzo queste vie sono deserte. Specie con il caldo. Ed è facile dileguarsi tra tutti questi sensi unici».

Simone, gelataio dove Nocchia prendeva spesso un cono, cerca di sdrammatiz­zare: «Io sto aperto fino a tardi la situazione è ben diversa da quella che vedevo quando avevo il locale fuori Roma. Ma in pieno centro, in pieno giorno, con una persona così a modo, vuol dire che non hanno più paura di niente. Verrebbe voglia di farsi giustizia da sé».

La testimonia­nza «Giancarlo non avrebbe mai commesso un gesto azzardato»

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