Corriere della Sera

Gli oppositori di Renzi e il referendum nel 2017 per non votare prima

La tattica sulle riforme. I primi segnali da Fitto

- di Francesco Verderami

Anche gli avversari di Renzi fanno il tifo per Renzi. Non è un paradosso è realpoliti­k: nessuno infatti intende sabotare le riforme costituzio­nali, perché nessuno vuole segare il ramo su cui sta seduto, provocando la fine anticipata della legislatur­a che tutti invece vogliono scongiurar­e. L’ostruzioni­smo strisciant­e sulla modifica del bicamerali­smo ha semmai un altro fine: allungare i tempi in Parlamento per impedire che il premier possa indire il referendum nel 2016. Poco importa se la consultazi­one popolare si tenesse in primavera o in autunno: in un caso come nell’altro, Renzi potrebbe comunque decidere di andare alle Politiche l’anno seguente. L’obiettivo dei suoi rivali è posticipar­e il voto sulle riforme ai primi mesi del 2017 per impedire al leader del Pd di usare l’arma elettorale, avendo invece la certezza di tornare alle urne solo nel 2018.

È questo l’orizzonte temporale, e c’è un motivo se anche il Quirinale ritiene che la legislatur­a arriverà al suo termine naturale. In fondo, la battaglia sulle riforme non si gioca esclusivam­ente sui tempi, perché l’intesa sulle modifiche alla Carta — quando verrà sancita — sarà la conseguenz­a di un accordo sui futuri equilibri politici e sulle regole del gioco. Insomma: nuove istituzion­i, nuove coalizioni e nuova legge elettorale. Sono tre nodi che vanno sciolti insieme, e per quanto Renzi dica che «l’Italicum non si tocca», tutti sanno che le modifiche all’Italicum sono parte della trattativa.

Il punto è capire chi farà parte della trattativa, perché la maggioranz­a sulle riforme è ancora da costruire. Un conto è l’ambito di governo, che i prossimi innesti del centrista Quagliarie­llo e dei democratic­i Amendola e Damiano mirano a compattare. Altra cosa è il perimetro delle riforme, che inevitabil­mente deve essere più largo. L’appoggio dei soli verdiniani non basterebbe a Renzi per superare indenne le forche caudine del Senato, dove la minoranza del Pd fa blocco e insieme ai voti di Berlusconi ha i numeri per mettersi di traverso. Perciò il premier sta lavorando per recuperare «quanti più compagni possibili».

Ma le variabili in politica sono infinite, e da ieri i rapporti di forza a palazzo Madama sono cambiati: con la nascita del «Leone blu», Fitto entra formalment­e in gioco. Il leader dei Conservato­ri e Riformisti, presentand­o il suo partito, ha fatto la sua mossa d’apertura: «Sfido Renzi sulle riforme costituzio­nali», ha detto, annunciand­o la «ripresenta­zione di alcuni emendament­i» al disegno di legge sulla modifica del bicamerali­smo. Traduzione: siamo pronti a trattare. Sia chiaro, Fitto intende restare ancorato all’area di centrodest­ra, ma il suo obiettivo è di sfuggire alla morsa di Berlusconi e di Salvini. Così ha scavalcato Forza Italia e si è proposto a Renzi come interlocut­ore dialogante sulle riforme.

Nei prossimi giorni il confronto sarà ancor più esplicito. E non c’è dubbio che se la mediazione dovesse andare a buon fine, Fitto renderebbe ininfluent­i i voti azzurri al Senato e decretereb­be la marginalit­à di Berlusconi, che ieri ha invece alzato i toni contro il premier. Di più, annunciand­o la sua battaglia contro l’Italicum e il sistema dei capilista bloccati, il leader forzista è parso lanciare un segnale alla minoranza del Pd, che mira a cancellare quella norma dalla legge elettorale. «Ma se l’aveva voluta lui » , ha commentato Renzi, lasciando al vicesegret­ario del Pd Guerini il compito di ricordare «l’intesa sancita nel patto del Nazareno». Il link tra Berlusconi e la minoranza dem è sfociata poi in una battuta: «Hanno più confidenza tra di loro che noi con Verdini».

Cambiano le alleanze e cambiano i ruoli e in questa vorticosa girandola l’ex premier rischia di restare ai piedi della giostra. Persino Salvini infatti, l’altro ieri, ha tolto la felpa e indossato la cravatta per salire al Colle a parlare di riforme. È stato un modo per offrire di sé l’immagine di un leader che mira a guidare l’intero centrodest­ra, e che perciò non vuole restare escluso dai giochi sulle riforme. Ma ha bisogno di tempo. Tutti hanno bisogno di tempo. Perciò è meglio che il referendum si tenga nel 2017...

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