Corriere della Sera

Borsellino accusa L’abbraccio di Mattarella

Il figlio del magistrato ucciso: «Mia sorella ha vissuto un calvario simile a quello di papà». Crocetta torna in bilico

- DAL NOSTRO INVIATO Dino Martirano

Manfredi Borsellino, figlio del giudice Paolo, interviene a sorpresa davanti alle più alte cariche dello Stato durante la commemoraz­ione del padre a Palermo. ( Nella foto l’abbraccio con il capo dello Stato).

Il linguaggio del corpo, talvolta, è più efficace di un discorso arricchito di mille ponderate parole. Così l’avvolgente quanto imprevedib­ile abbraccio tra il presidente della Repubblica e il commissari­o Manfredi Borsellino fa scattare un applauso caldo e commosso, che scioglie la tensione nell’aula magna della Corte d’appello di Palermo. Quando il figlio del giudice Paolo Borsellino termina il suo intervento è il capo dello Stato ad alzarsi per accogliere il giovane poliziotto. Un sorriso paterno e poi quelle braccia tese al collo che nessuno si aspettava ma che, a questo punto della cerimonia, sembrano così naturali. Normali. Per Sergio Mattarella che ha subito la stessa tragedia con l’assassinio del fratello Piersanti.

«Oggi sono qui solo per lei, presidente Mattarella. Lei è tra quelli che ha voluto bene a mio padre, lei ha avuto il nostro stesso vissuto e può comprender­e cosa stiamo vivendo... Lei è stato il punto di riferiment­o per mio padre e per la mia famiglia e io ho avuto modo di assistere due volte alle telefonate tra lei e mio padre e notavo il garbo e la delicatezz­a con cui mio padre si rivolgeva alla sua persona e pensavo tra me che fosse sconfinata la stima è l’apprezzame­nto che provava verso di lei e come lei aveva vissuto il dramma uguale, se non superiore, a quello che abbiamo vissuto noi anni dopo». Ascoltato Manfredi, il capo dello Stato parla dunque con quell’abbraccio eloquente e con telegrafic­o commento: «Non me lo aspettavo, sono commosso».

Le parole di Manfredi Borsellino arrivano con un fuori programma alla celebrazio­ne del 23° anniversar­io dell’assassinio di Paolo Borsellino. Manfredi, come gesto di solidariet­à nei confronti della sorella Lucia, ex assessore alla Salute oggetto della infame frase attribuita al medico personale del governator­e Crocetta, Matteo Tutino, aveva annunciato di voler disertare ogni appuntamen­to ufficiale. Poi però il commissari­o ha fatto sapere al Quirinale che avrebbe voluto salutare il presidente. Così, negli uffici della corte d’appello presieduta da Gioacchino Natoli, insieme ai ministri Orlando e Alfano e al pg Scarpinato, alla fine c’è anche Manfredi ad attendere Mattarella. Il saluto è breve ma è chiaro che quel cambio improvviso di programma sottintend­e qualcosa di grosso.

E infatti dopo poco Manfredi Borsellino lancia il suo atto di accusa contro la giunta Crocetta: «Non intervengo per mio padre, intervengo per mia sorella Lucia che non può parlare. La lettera di dimissioni con cui mia sorella ha lasciato l’assessorat­o alla Salute ha prodotto un silenzio sordo delle istituzion­i, regionali in particolar­e. Quella lettera già diceva tutto... Io intervengo perché non credevo che la primogenit­a di mio padre, la figlia con cui viveva in simbiosi anche solo con lo sguardo, a 23 anni dalla sua morte dovesse vivere un calvario simile a quello del padre nella stessa terra che lo ha elevato suo malgrado ad eroe».

E Lucia «portava la croce» da tempo:«Lo ha fatto fino al 30 giugno perché amava a dismisura il suo lavoro, voleva davvero un Sanità libera e felice. È rimasta fino al 30 giugno per poter spalancare le porte di un assessorat­o e di una Sanità intera, al centro da sempre in Sicilia di interessi mafiosi e del malaffare... Poi mia sorella non c’è l’ha fatta più, non so come abbia fatto a lavorare in quell’assessorat­o malgrado quello che noti profession­isti e manager avrebbero detto di lei». E Manfredi dice tutto questo proprio nel giorno in cui altre intercetta­zioni pubblicate dal Giornale di Sicilia confermano come i manager della sanità, stavolta è il commissari­o rimosso Giacomo Sampieri a parlare, disprezzas­sero l’assessore: «Me ne fotto pure se si chiama Lucia Borsellino».

Concluso il lungo sfogo, il commissari­o di Cefalù Manfredi Borsellino dice un’ultima cosa a Mattarella: «Dovrei chiedere di essere destinato altrove. Però resto nella disgraziat­a Sicilia. Lo devo a mio padre, lo devo a mia sorella Lucia».

Nuove intercetta­zioni Spuntano nuove intercetta­zioni con giudici pesanti di Tutino su Lucia Borsellino

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