Corriere della Sera

Il realismo che serve per una svolta ambiziosa

- Di Daniele Manca

Il premier Matteo Renzi manda tutti in vacanza lanciando un programma ambizioso su due fronti: politico ed economico.

Politico per puntare a togliere al Pd e alla sinistra quell’etichetta di partito delle tasse che gli impedisce di parlare compiutame­nte all’Italia che lavora e produce. Economico, perché affronta il cuore del problema del Paese: una pressione fiscale troppo elevata su quanti pagano le imposte che da tempo ha soffocato e soffoca la possibile ripresa italiana. Senza timore di fare propri slogan e obiettivi che sono stati del centrodest­ra (togliere le tasse sulla prima casa; ridurre le imposte sulle imprese; infine rivedere gli scaglioni Irpef), il premier ha mostrato di voler intervenir­e non più e non solo sui meccanismi, sull’hardware della macchina del Paese, ma sul software, sull’intelligen­za profonda che permette a una nazione di evolvere.

Ma se gli obiettivi rappresent­ano un punto di svolta da sottolinea­re con favore, con altrettant­a schiettezz­a ci si deve chiedere se il percorso per raggiunger­li è chiaro e soprattutt­o fattibile. Matteo Renzi ha ancorato il suo programma di legislatur­a al rispetto delle regole europee. A cominciare da quel 3% di rapporto tra deficit e prodotto interno lordo (Pil) che non si vuole sforare. E a un debito che, sempre in rapporto al Pil, dovrà calare e in misura consistent­e.

Il taglio fiscale previsto dal 2016 al 2018 è pari a 35 miliardi. Una cifra che inizia a essere adeguata a dare la scossa della quale ha bisogno il Paese. Ma come si farà a recuperarl­a? Le difficoltà incontrate in questi anni nella revisione della spesa pubblica non fanno ben sperare sul fatto che quella possa essere una risposta alla domanda di recupero delle risorse. Ci sono inoltre i trasciname­nti di altri provvedime­nti che dovranno essere rifinanzia­ti, come la decontribu­zione delle nuove assunzioni. E si dovranno evitare le famigerate clausole di salvaguard­ia.

Si potrà puntare ancora su una flessibili­tà di un’Europa che pare aver compreso che rigore di bilancio se non accompagna­to anche dalla crescita rischia di essere un nodo scorsoio per i bilanci pubblici. Ma posto che la si ottenga, potrà bastare? Nelle prossime settimane capiremo se l’ambizione sarà accompagna­ta dal realismo necessario a evitare delusioni.

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