Il ricordo delle toghe: aderire all’antimafia non basta
Il giudice Giuseppe Meliadò, che ha messo la sua esperienza a disposizione della Scuola superiore della magistratura, rievoca il «tempo» dei giudici ragazzini ai quali una «alta carica dello Stato non avrebbe affidato neanche una casa terrana intesa come basso con una sola apertura». Il riferimento è alla polemica che il presidente della Repubblica Francesco Cossiga lanciò contro le giovani leve della magistratura ma Meliadò rievoca quella stagione anche per ricordare il ruolo difficilissimo di Paolo Borsellino, ai tempi segretario dell’Anm di Palermo, nell’affrontare una infuocata assemblea di giovani magistrati dopo l’assassinio del giudice Rosario Livatino: «In quegli anni arrivarono tantissimi giudici ragazzini negli uffici più esposti, oggi invece è cambiata anagraficamente la magistratura».
Nel 23esimo anniversario della strage del 19 luglio del 1992 si parla anche dell’attualità dell’eredità umana e professionale di Paolo Borsellino. Lo fanno i ministri Andrea Orlando e Angelino Alfano. E con loro il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini che si sente «orgoglioso davanti alla qualità dei magistrati antimafia». Ma più da vicino lo ricordano i magistrati che lo hanno visto transitare tante volte nei corridoi del palazzo di Giustizia. Il giudice Giorgio Morosini, ora eletto al Csm — rispondendo a una domanda del direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana, che ha coordinato la tavola rotonda organizzata dall’Anm presieduta da Rodolfo Sabelli — ha detto che «Borsellino è stato un grande uomo di squadra nelle istituzioni perché per fare pool oltre alle doti di professionalità serve la generosità umana». E ha aggiunto: «Aderire all’antimafia non basta». E pure Luca Palamara, eletto al Csm anche lui, ricorda «l’uomo squadra Borsellino» mentre il consigliere togato Claudio Galoppi ritiene che «l’attualità dell’eredità di Borsellino sta nell’affermazione e dell’autogoverno e della giurisdizione». Aldo Morgigni (Csm) va fuori dal coro e sottolinea «l’assenza dei colleghi più giovani» alla cerimonia per Borsellino: «È un’assenza mi addolora». Chiude il giro il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, che al secondo piano del palazzo di Giustizia di Palermo ha lasciato un’impronta indelebile: «Senso delle istituzioni e del dovere e spirito laico senza pregiudizio», dice di Borsellino salutando il pg Scarpinato e il presidente della Corte d’Appello Natoli seduti in prima fila. Ma Pignatone cita pure papa Francesco che nel 2014 parlò della «prudenza, intesa come virtù cardinale, quale punto di forza dei giudici».
Eppure 23 anni sono tanti anche per una magistratura non vuole dimenticare. Come ha detto il Guardasigilli Orlando «la vicenda umana e professionale di Paolo Borsellino appartiene sicuramente alla memoria volontaria del nostro Paese, ovvero a quei ricordi che ognuno di noi custodisce gelosamente». Mentre il ministro dell’Interno Alfano cita i magistrati che tutti i giorni fanno il loro lavoro grazie anche a quella «straordinaria antimafia delle leggi che permette di arrestare latitanti, infliggere il carcere duro ai boss, confiscare i loro beni e ora anche restituirli alla società civile». Nel lunga maratona trovano spazio anche le parole del prefetto Alessandro Pansa, capo della polizia, che ricorda i 5 agenti (Agostino Catalano, Eddie Walter Cosina, Claudio Traina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi) assassinati con il giudice Borsellino.
La vicenda umana e professionale di Paolo Borsellino appartiene alla memoria volontaria del Paese È stato un grande uomo di squadra nelle istituzioni perché per fare pool serve la generosità umana Il ministro Alfano «I magistrati fanno il loro lavoro tutti i giorni grazie anche alla forza delle leggi»